Un menestrello della parola scritta. Là dove i cantori e i poeti declamando versi chiedevano ospitalità e ristoro, qui l’artista regala ai passanti, seduto letteralmente per terra, tautogrammi (frasi composte da parole che cominciano tutte con la stessa lettera), creati al momento o pescati dal suo ormai vasto repertorio accumulato, piazza dopo piazza e strada dopo strada. Già perché Walter Lazzarin, trentatreenne di Padova, dopo aver pubblicato lo scorso ottobre con la casa editrice Redfox il romanzo dal titolo “Il Drago non si droga”, è partito per un viaggio che lo porterà fino al prossimo luglio nei posti più disparati lungo la penisola.
La storia è quella del piccolo Giacomo, otto anni appena, che dopo essere stato umiliato con uno schiaffo da sua madre, decide di scappare in compagnia di Prezzemolo, un drago di peluche. E mentre sua madre lo cerca disperatamente, lui e il suo amichetto a quattro zampe di pelo artificiale assaporeranno il sapore della felicità. Non è del romanzo che vogliamo parlare, però, quanto piuttosto del suo originale autore. Il libro, infatti, fa parte di un progetto ideato dal giovane Walter dal titolo “Scrittore per strada”: un modo diretto di far giungere la sua proposta editoriale saltando un passaggio della filiera, cioè la libreria. Dal produttore al consumatore. Lo abbiamo conosciuto e avvicinato proprio durante una delle sue tappe, a Fasano.
Secondo te il fatto di proporre il tuo libro porta a porta, o sarebbe più corretto dire strada per strada, marciapiede per marciapiede, è un metodo vincente?
«La mia speranza era di avvicinare alla narrativa le persone che in genere non vanno in libreria. Vedo che la cosa ha funzionato perché molti mi hanno confessato di non comprare libri veramente da un sacco di tempo, alcuni da anni, o magari semplicemente per regalarli per Natale o per le feste. Per me è stato veramente bello capire di aver avvicinato qualcuno magari tramite un “mezzuccio”, perché veramente alla fine non è altro che un escamotage quello di mettersi per la strada. Si dice però che il fine giustifica i mezzi, in questo caso se recupero magari un ex lettore, per me è una super conquista».
Walter Lazzarin: un furbacchione che ha studiato a tavolino quest’operazione di marketing, giacché sei finito anche in televisione?
«Mi piacerebbe dirti di sì, perché significherebbe che sono davvero furbo, ma ti garantisco che non ero minimamente convinto di riuscire. Il mio editore, che tra l’altro è un amico, subodorava la cosa e già pensava per esempio di creare una scuola di scrittura per scrittori per strada, perché secondo lui la cosa avrebbe funzionato un sacco, anche a livello nazionale e internazionale. Diceva già che avremmo venduto il format: io invece ero molto più cauto, non dico pessimista. Davvero, prima di partire, io l’ho vissuta più come esperienza di vita in cui avrei fatto un viaggio e la cosa bella era che questo viaggio me lo sarei pagato vendendo il mio libro, quindi facendomi anche conoscere. Minimamente pensavo dopo un mese di finire in tv».
Il tuo libro lo hai scritto con l’inseparabile Olivetti 32?
«Ahimè, questa che vedi è una macchina prestata da una mia amica, perché la mia è dall’Olivetti a guarire: ero in via Cola da Rienzo a Roma, purtroppo mi è caduta, e rovesciandosi, si è rotto il carrello. Ha dovuto quindi subire un intervento chirurgico, tra l’altro durato più del dovuto e sono ancora qui che l’aspetto. No, io i libri li scrivo a mano. Con la stessa matita che è qui con me, su fogli di carta e poi li trascrivo al computer, perché non voglio distrarmi con le mille tentazioni che appunto si trovano nel web. Perciò ho preso l’abitudine di scrivere solo su carta e il computer spento rigorosamente».
«Ogni giorno mi troverai qui, ai giardini pubblici, su una panchina. Mi dovrai cercare, perché non sarò mai sulla stessa panchina, ma infine mi troverai». In bocca al drago, allora!