WALESA – L’UOMO DELLA SPERANZA

(di Francesco Monteleone)

Regia di Andrzej Wajda. Polonia 2013

(Fortemente consigliato a tutti i sindacalisti)

Il critico sfaticato, quando recensisce un film d’immaginazione, deve evitare la vigliaccata di raccontare la storia, rovinando la sorpresa dello spettatore. Ma questa volta, per presentare l’incendiaria opera di Wajda, sarà utilissimo svelarvi addirittura molto di più di quel che abbiamo visto. Così voi potrete comprendere meglio la storia contemporanea della Polonia, drammatizzata da uno dei giganti del cinema mondiale. Purtroppo non abbiamo spazio tipografico, per cui cercheremo di emulare quel ‘Bignami’ che ci ha fatto superare tante pericolose interrogazioni, al liceo. Comunque voi lettori siate onesti e impegnatevi a cercare su Wikipedia gli approfondimenti necessari. Iniziamo con where, il luogo: Danzica è sempre stata una città ‘ribelle’. Percossa senza pietà da nazisti e stalinisti, essa fu distrutta nella seconda guerra mondiale. (Oggi, dopo la ricostruzione è tornata ad essere meravigliosa). Nel 1970 gli operai dei cantieri navali, sfruttati, umiliati e affamati, scioperarono contro l’infame regime filosovietico che reagì brutalmente, ammazzandone una quantità insopportabile. Quel sangue dei lavoratori non si è mai prosciugato. Nel giugno del 1979 Karol Wojtyła, con la mozzetta rossa di Papa, fece un viaggio di 10 giorni in Polonia. “Dio rinnovi questa terra” invocò in una profetica omelia, spingendo milioni di cattolici a riconquistare la libertà. L’anno successivo, il 1980, si scatenarono altri scioperi di massa nei cantieri navali di Danzica e fu fondato”Solidarność“. A capo del Sindacato Autonomo dei Lavoratori chiamato “Solidarietà” si ritrovò Lech Wałęsa, un elettricista coraggioso e combattivo che guidò la rivolta vittoriosa. Lech era in fondo un istintivo, ma ignorante (nel film confessa di non aver mai letto più di 5 pagine di un libro). Fu perseguitato, internato, ricattato, infamato, ma anche ‘risparmiato’ dai servizi segreti. Giovanni Paolo II, nello stesso periodo, si salvò dal tentato omicidio di Agca. Nel 1983 Walesa ebbe il premio Nobel della Pace e in seguito fu eletto diventò presidente della Polonia (1990). Il comunismo imputridì. Scusate la cronologia da manuale storico, ma è all’interno di questa griglia temporale che si fa vivissima la sceneggiatura. Il film di Wayda è un componimento magnetico che spiega come l’Europa si ripulì dalla tirannide sovietica, però è anche l’emozionante passato di una famiglia proletaria che dal suo nascondiglio povero si evolvette fino alla rivoluzione. Danuta, la moglie di Lech Wałęsa, è stata un’eroina della libertà. (L’attrice Agnieszka Grochowska ha un talento impagabile). Ella creò e crebbe 6 figli in una società arretrata e violenta, senza sprecare il pane, né l’odio. È stata un simbolo dell’onore mulìebre. Non ebbe mai paura; ci commuove la sua fede in Cristo e la fedeltà all’amore. Il film si ispira ad un’intervista giornalistica famosa che si dovrebbe studiare a scuola. Noi non avremmo mai immaginato di doverci complimentare, tanto tanto, con Maria Rosaria Omaggio, un’attrice ‘leggera’, scelta dal regista per la sua ingrossata somiglianza con Oriana Fallaci. Maria Rosaria, con corrosiva ironia, ci riporta in vita quella donna eccezionale con la voce ammaccata dal fumo e gli occhi di un paracadutista in caduta, che certamente è stata la più grande reporter di guerra italiana. Il regista polacco Andrzej Wajda è un evangelizzatore di cultura. Ama le persone umili e semplici e lo dimostra con la sua arte: le scene sullo sfinimento umano sono una preziosa iconografia filosofica; il montaggio cinematografico dei fatti storici è aspro, ma enciclopedico. Da questo film si esce ‘imparati’, confortati.  Anzi rammaricati, perché in Italia, per godersi un durissimo sciopero sindacale ormai bisogna andare a cinema. Chiudiamo qui. C’è qualche forzatura ideologica dell’autore? Sì. Walesa non aveva gli occhi azzurri, ma l’attore Robert Wieckiewicz è nato con un surplus di bellezza naturale e oscurarli sarebbe stato un sopruso.

Francesco Monteleone