Può esistere un’Italia diversa? Ne parla Vladimir Luxuria nel suo ultimo libro
Vladimir Luxuria è arrivata a Bitonto la scorsa settimana per presentare la sua ultima fatica letteraria, in un incontro organizzato dalla Libreria del Teatro Traetta e dall’associazione Agorà, con il Patrocinio del Comune. È “L’Italia migliore”, un’opera amara e dissacrante che ha il merito di disattendere in più punti le aspettative del lettore, a cominciare dal titolo. Non è, infatti, né il saggio politico di un ex parlamentare né tantomeno la ricetta con cui riscattare questo Paese in regresso.
“L’Italia migliore”, un titolo volutamente fuorviante?
Per il titolo ho discusso a lungo con la direttrice editoriale, che è Elisabetta Sgarbi -sorella di Vittorio, ma molto più pacata di lui. Esso nasce dalla volontà di fuorviare i lettori, dal momento che potrebbe far pensare a un saggio politico e, invece, è un romanzo. Ma è un titolo antifrastico anche rispetto al contenuto della storia. “L’Italia migliore”, infatti, è il nome di un reality.
Quanto c’è di lei in questa storia?
C’è sicuramente tutto quello che ho appreso dalla mia partecipazione all’”Isola dei famosi”, ma anche la mia esperienza nel mondo della politica e dello spettacolo. Ma, in generale, molti episodi che riporto sono fatti realmente accaduti. Per esempio, i personaggi del reality sono uomini e donne che si sono distinti per azioni eroiche e a cui la gente da casa deve dare un voto. Bene, ho attinto le loro storie da notizie vere e positive, che spesso sui giornali guadagnano lo spazio di un trafiletto.
Dunque, il suo è un attacco al mondo dei reality?
Un attacco all’illusione del successo che deriva da quel mondo, soprattutto in un periodo di difficoltà economiche come quello che stiamo vivendo. Bisogna fare qualcosa per cui meritare il successo, altrimenti dura pochissimo. Diverso è il caso dei talent show, in cui il messaggio che viene trasmesso è quello che bisogna studiare e migliorarsi.
La storia della protagonista, però, ha un happy end…
Sì, in fondo questo può essere considerato un romanzo di formazione. Marianna, dopo un periodo di cocaina e prostituzione, matura un viaggio dentro di sé e capisce che per trovare pace deve ritornare al paese natio e risanare una ferita che risale alla sua adolescenza.
Crede che questa Italia si possa ancora salvare? E come?
In realtà, viviamo già in un’Italia migliore rispetto al passato, soprattutto per quanto riguarda i temi che mi toccano in prima persona. Negli anni ’50 quelli come me finivano nei manicomi e subivano l’elettroshock. Ma siccome io sono un’inguaribile ottimista, spero che si possa ancora migliorare. L’Italia che voglio è quella in cui non ci sarà più bisogno di lottare per i diritti delle minoranze, perché le persone saranno valutate per sé stesse e non per quello che mostrano. Un’Italia in cui valgano la meritocrazia e una politica che rifiuta di farsi merce di scambio.