Perdete ogni speranza di fare qualsiasi altra faccenda o voi che entrate nella bottega del droghiere in via Fogazzaro a Fasano, attraverso le pagine dell’ultimo romanzo dal titolo “Delitto nella bottega del droghiere” (Schena Editore) dello scrittore e giornalista Dino Cassone. Scrivere “entrare nella drogheria” non è mai stato allo stesso tempo tanto reale quanto metaforico visto che basta osservare la copertina del libro (un portone chiuso dal cui uscio esce sangue) e posare gli occhi sulle prime parole per essere inevitabilmente risucchiati dalla storia.
Un giallo fatto e finito che in nemmeno cento pagine ripesca dai cassetti della memoria popolare un fatto vero (a cui si è solo ispirato), l’efferato assassinio del giovane Donato Serri, e lo racconta facendo muovere con scorrevolezza i suoi protagonisti. La Fasano del dopoguerra è una città provinciale (a tratti non diversa da quella del 2000) nella quale il maresciallo Candido Maranò deve riuscire a scovare la verità che si nasconde tra il cicaleccio e le voci intrecciate come le viuzze del centro storico. L’autore, attraverso un plurilinguismo calcolato e cucito ad hoc sui personaggi, riesce a farne un ritratto fedele regalando loro una voce che ricalca -senza cadere nella parodia- la classica cadenza cantilenante dei cittadini. Con quella stessa voce il fasanese tipo, come la vecchia Addolorata Masi, non dice mai tutto quello che sa e quando invece parla «la cosa importante è che non mi mettete in mezzo a me! Che io non ne voglio sapere niente di queste cose!». Alle “comari di un paesino che non brillano certo di iniziativa” (per riprendere un verso di Faber) si contrappone invece la figura distinta e istruita di Isa, la moglie del maresciallo, dalle origini romane. In un singolare incontro con due fasanesi sconvolte dal fatto che lei possa leggere autonomamente un giornale viene fuori, con una punta di amarezza, lo spaccato della società maschilista e patriarcale di poco più di 60 anni fa.
Il libro si divide in tre macrosezioni (fatto, antefatto e processo) in cui l’indagine e la punizione sono scanditi dai giorni che passano sul calendario. E, a proposito di punizione, “Delitto nella bottega del droghiere” si conclude con un senso di completezza e chiusura che lascia il lettore soddisfatto e pago, una sensazione di pienezza che non è facile trovare soprattutto in libri relativamente brevi che rischiano di essere nulla più che una sveltina. L’opera di Cassone la si divora con la voracità di chi vuole evadere in una realtà che ti rende investigatore e protagonista.