(di Francesco Monteleone)
Con Claudio Santamaria, Alessandro Sperduti, Francesco Formichetti, Andrea Di Maria – Italia 2014.
Quando chiedevo a mio nonno di raccontarmi le vicende della Prima Guerra Mondiale lui restava in silenzio, non ricordava nulla. Eppure gli avevo visto incorniciare con orgoglio la sua medaglia di Cavaliere di Vittorio Veneto e teneva nascosto il coltello degli Arditi con il quale aveva assaltato molte volte le postazioni austriache. Probabilmente i suoi superiori lo drogavano o forse aveva seppellito nella mente i ricordi di quel macello. L’anno prossimo sono 100 anni dal 1915. Spero che il 24 maggio sul Piave sfilino un esercito di pacifisti, cantando canzoni d’amore e non le idiozie lugubri imboccate ai soldati. E nelle scuole i professori facciano leggere i romanzi, i diari, le lettere scritte da tutti coloro che hanno vissuto in quello schifoso conflitto. Molte famiglie hanno avuto la fortuna di rivedere i propri uomini vivi, mutilati, sfregiati, impauriti per sempre, ma 650 mila italiani sono ‘caduti’ lasciando ai parenti il vuoto nel quale c’è l’anima. La guerra si fa alla guerra, non ai propri simili: le bombe, i gas, le armi bianche sono invenzioni con le quali il diavolo strazia il corpo, ovvero la creazione divina più bella dell’universo.
Il maestro Ermanno Olmi ha dedicato questo film a suo padre. Bisognerebbe leggere prima i titoli di coda per comprendere meglio il senso di questo gioiello poetico: generali inetti, lo sgradevole rancio, uniformi da pezzenti, assistenza medica precaria hanno dato la morte e l’agonia per freddo, per fame, per setticemia. I soldati furono tenuti per mesi in trincee pieni di sporcizia, di topi, di pidocchi senza nessuna pietà. Macellati dai mortai nemici, sepolti sotto un filo di terra, bucati, contati come sigarette, traditi.
Olmi ha ricostruito una scena minima, non certamente un evento storico, ma nel suo racconto scabro, lento, poco avvincente c’è più verità di tante cretinate proiettate nelle sale per esaltare superuomini che non esistono da nessuna parte. E la patria non si ama andando al massacro. In questo film doloroso molte sostanze sono pregevoli: il tema musicale composto e suonato da Paolo Fresu. Il titolo stesso “Torneranno i prati”, che è la condanna più risoluta di tutte le guerre. La fotografia bianca di Fabio Olmi, portentosa nell’assenza dei colori. Le scenografie di Giuseppe Pirrotta che ha rifatto i miseri tunnel adoperando la stessa, originaria e misera terra di confine.
“Niente di nuovo sul fronte occidentale” di Remarque è ancora oggi un grandissimo vangelo della pace. Sarebbe utile leggerlo o rileggerlo, prima di assistere a questa opera altrettanto intensa. Ma anche il film Olmi insegna in 80 minuti quel che oggi non si impara in 5 anni di liceo.