È capitato proprio a me quel maledetto destino.
All’inizio dell’anno scolastico più importante della mia vita la professoressa mi chiese quale lavoro facesse mio padre e sentendo che ero un proletario mi sistemò all’ultimo banco, dietro un ragazzo che era alto 30 cm più di me. Praticamente la persi dalla vista per tutto il primo quadrimestre. Quando dovette interrogarmi, quasi si sorprese di riconoscermi e subito mi impalò con una domanda bastarda che per anni me la sono sognata.
Voleva sapere chi era stato il nonno di Astianatte. Con il mio silenzio mi guadagnai il primo 2 in latino. Per la geografia andò peggio, qualche giorno dopo.
– Dimmi come si chiama il figlio del capo tribù del Masqat Oman…
Presi il secondo 2 e, siccome non ne volevo altri, rinunciai per sempre al mio sogno infantile di studiare la cultura classica; quel che diventò la mia vita, preferisco non raccontarlo, adesso.
Per la verità, il figlio del capo tribù si chiamava Quabus Bin Said; in seguito è diventato il regnante dell’Oman (forse ve lo ricorderete, è quel sultano che a Bari ha donato 1 milione di euro al Conservatorio e un orologio prezioso al sindaco Emiliano). Insomma, vi confesso che arrivato a 40 anni, ancora sognavo di uccidere con le mie mani quella strega fanatica e nemmeno quando ho saputo che era morta sono riuscito a perdonarla.
Ebbene lo sceneggiatore cinematografico PetrJarchovský, studente a Praga verso la fine degli anni ’70, ha subito da un’altra maestra bastarda qualcosa di simile alla mia persecuzione e, non riuscendo a dimenticare quell’ infelice esperienza, l’ha drammatizzata nel bellissimo film diretto da Jan Hrebejk. La storia è ambientata a Bratislava nel 1983, quando in Cecoslovacchia i dirigenti comunisti, leccaculo dei sovietici, seppero creare una società più ingiusta e più classista di quelle precedenti, alla faccia del marxismo utopistico sognato dai rivoluzionari.
Peccato che quest’ opera la vedranno in pochi. Il film non ha avuto pubblicità, né interviste a pagamento in televisione e la ministra della Pubblica Istruzione italiana è troppo impegnata a fare cagate, per perdere tempo a sostenere l’arte. Quindi perfino la fantastica coppia Angelo Ceglie – Giuseppe Fraccalvieri non potrà tenere la “Teacher” più di 4 -5 giorni in sala.
Ma non dimenticate questo nostro contributo critico. Il regista Jan Hrebejk ha realizzato un magnifico inno alla speranza per tutti gli studenti che sono stati vittime di un’insegnante da vomito, che gli ha reso pericolosa e odiosa la presenza in classe.
(E tanti complimenti all’attrice Zuzana Maurery per aver interpretato perfettamente la parte della maestra stronza Maria Drazdĕchová. A Bari vecchia non ella sarebbe durata, tanto tempo, integra e intatta).
In nostro anno scolastico è risorto ancora una volta dalle sue rovine. Serviva qualcosa come questo gioiello cinematografico che sappia esortare gli studenti a credere nello studio e a ribellarsi contro le ingiustizie; qualcosa che spinga i genitori a seguire i propri figli e ad avere coraggio nel difenderli dalle vessazioni.
Concludiamo, facendo una risata liberatoria. Questa, secondo noi, è la prima volta nella storia del cinema nella quale era veramente necessario cambiare il titolo inglese in uno più popolare. Invece di “The Teacher”, che lo capiscono solamente i collegiali dei gesuiti bisognava intitolarlo “La maestra spazzatura”.