Con Tom Hanks, Aaron Eckhart, Laura Linney, Anna Gunn, Autumn Reeser.
A ottantasei anni e con una brillante carriera alle spalle – due premi Oscar e numerose nomination – Clint Eastwood non finisce mai di stupirci per la lucidità attenta e profonda. Spesso, immortala nel suo cinema personaggi o eventi su cui l’attenzione pubblica si sofferma distrattamente, restituendo loro grandezza ed eternità. È stato così per il cecchino di “American Sniper”, Chris Kyle, la cui storia probabilmente ce la ricorderemo per sempre. Ed era stato così ancora prima, col cantante statunitense Frankie Valli nello scintillante “Jersey Boys”.
Con “Sully”, Eastwood porta sul grande schermo un’altra figura eroica, ancora una volta osservata nel pieno delle sue conflittualità interne. Una storia vera, ricostruita con dovizia di particolari, ma che il regista ci fa conoscere quasi esclusivamente attraverso la testa del protagonista.
L’evento che si svolse a New York il 15 gennaio 2009 passò quasi sotto silenzio al di fuori degli Stati Uniti. O meglio, era difficile capirne la straordinaria portata. Un aereo della US Airways decollò dall’aeroporto da La Guardia con 155 persone a bordo; a pilotarlo era Chesley Sullenberger, chiamato affettuosamente Sully dalla famiglia e dagli amici, giunto quasi alla vigilia della pensione. Pochi minuti dopo il decollo, uno stormo di uccelli colpì l’aereo e i due motori smisero di funzionare. In pochi minuti, la trentennale esperienza del pilota gli consentì di capire di non poter raggiungere nessun aeroporto vicino. Accettò, allora, il rischio di tentare una manovra inusuale: un ammaraggio sul gelido fiume Hudson, in piena stagione invernale. Il tentativo riuscì, tutti i passeggeri furono portati in salvo e la nazione salutò il capitano come un eroe. Non fu così per la National Transportation Safety Board, che gli chiese di dar conto dell’azzardato ammaraggio, facendogli rischiare il lavoro e la meritata pensione.
Anche questa volta, nell’ultimo film di Eastwood, il protagonista è un eroe che è chiamato a dimostrare la sua fedeltà: alla nazione, al lavoro o a un giuramento prestato. Vittima di un’ingiustizia, Sully è costretto a districarsi tra accuse e cavilli, fino ad arrivare al giusto riconoscimento della propria lealtà. La tragedia si svolge tutta nella testa del protagonista, tra conflitti e incubi che lo portano persino a mette in discussione sé stesso e la sua esperienza. E lo spettatore coglie perfettamente tutto quel travaglio psicologico – anzi, lo sente quasi suo – grazie all’eccellente interpretazione di Tom Hanks, che si riconferma il più grande attore “dell’emotività”.
Sully, dunque, è un film di grande impatto, capace di tenere il pubblico con il fiato sospeso dall’inizio fino ai titoli di coda, e di strappare persino una lacrima sincera dinanzi alle scene dell’ammaraggio. Non ci resta che ringraziare Eastwood per questo suo nuovo eccezionale regalo.