film di Stefano Sollima; durata 130 min. Italia, 2015
Se lo diciamo all’americana ‘Suburra’ è un thriller, un gangster movie strapieno di suspense. Parlando come ‘mamma t’ha fatto’ il filmazzo di Sollima è l’opposto del poliziottesco anni ’70 che esaltava la figura del commissario tipo Maurizio Merli o Tomas Milian, insomma è un “mafiottesco all’italiana” altrettanto divertente.
Dentro Roma svernano la loro misera vita 3 tipologie di delinquenti organizzati: il boss nazionale (Samurai interpretato da Claudio Amendola), l’usuraio settoriale (lo zingaro Manfredi Anacleti interpretato da Adamo Dionisi) e il capoclan comunale (Numero 8 interpretato da Alessandro Borghi).
La storia si sviluppa attorno alle rovinose giornate che precedettero le ultime dimissioni di Berlusconi, nel novembre 2011. C’è anche un papa tedesco che rinuncia al pontificato, molto somigliante a Ratzinger. Silvietto e Benedetto XVI non sono citati, molto correttamente, perché questo film molto noir ambientato a Roma è semplicemente un giallo, non un docufilm. Riprendiamo: Filippo Malgradi, un politico di destra (solamente loro fanno queste cose) si ristora sessualmente con due mignotte, dopo una lunga giornata di votazioni stressanti a Montecitorio. Terminato l’amplesso denso di variazioni e perversioni, una delle due lavoratrici consegna l’anima al creatore mentre Malgradi (Pierfrancesco Savino), dal balcone dell’albergo, piscia sulle strade di Roma; fuori c’è la pioggia battente, fa freddo, ma il demagogo non ha il pisello intirizzito, anzi…Il godere logora chi non ce l’ha. La morte accidentale della mignotta minorenne innesca una serie di azioni sconsiderate che compromettono un gigantesco affare di lottizzazione e speculazione del litorale di Ostia. Purtroppo quei mafiosi non si mettono d’accordo e ancora oggi Roma non ha uno sbocco a mare pieno di alberghi, bordelli e casinò!
Il film di Sollima è ovviamente qualunquista, fa riferimento alle dinamiche del Potere temporale e politico senza svelarne i segreti e l’essenza. La corruzione dei parlamentari, la compera dei voti, i tradimenti, la violenza servono come colpi di scena alla sceneggiatura, non sono argomenti impegnativi trattati da un film d’autore. Non esistono magistrati, non c’è polizia, l’unica giustizia è la vendetta, le donne sono puttane o tossiche assassine. Una mamma vera compare per mangiare un pezzetto di torta con il figlio, ma…
L’unica morale comprensibile è che il male fatto prima o poi si sconta. Esaurite le critiche diciamo subito che il regista (figlio di un altro grande regista) ha vibrato un altro colpo al cuore degli spettatori con altrettanta forza del precedente A.C.A.B. Il film cita con una risplendente fotografia le inquadrature romanesche de ‘La grande Bellezza’ di Sorrentino, il ritmo straordinario di “Romanzo Criminale” di Michele Placido, l’ironica ieraticità di Nanni Moretti di “Habemus papam”. E se non abbiamo nel cervello le alterazioni causate dal Primitivo di Puglia quei lunghi primi piani di Claudio Amendola ricordano quelli di Sergio Leone al mitico Frank (Henry Fonda) di C’era una volta il West: una penetrazione nella cattiveria risoluta del personaggio attraverso la luce fredda dei loro occhi.
‘Suburra’ è un affare per il botteghino: Roma flagellata, il sesso patinato, gli zingari tatuati sono roba ultra-pop. Sollima è rock (più rock di Pierfrancesco Favino ed Elio Germano). Claudio Amendola ha tante facce, ma questo film che è 15 minuti più lungo del sopportabile le ha consumate proprie tutte e qualcuna è stata ripetuta. La colonna sonora non è certamente materia da concia, sgorga dalle immagini potentemente e accentua il piacere mentale di chi si sente al sicuro in platea. Il film è contagioso. Alla fine ci vogliono un paio di panzerotti fritti, per dare un 8 in condotta a tutti.