Perugia 2, 3 e 4 aprile 2014
Documento Conclusivo
Il V Congresso Nazionale della Slc Cgil, riunito a Perugia dal 2 al 4 aprile 2014, approva la relazione del Segretario Generale Massimo Cestaro, le conclusioni della Segretaria Confederale Elena Lattuada e assume gli importanti contributi scaturiti dal dibattito.
La Slc Cgil ritiene che, per affrontare fattivamente la profonda crisi economica e produttiva che attanaglia il Paese, sia necessaria una fase di ripensamento delle politiche industriali ed economiche da parte del governo.
E’ necessario superare la fase, sbagliata, in cui i Governi hanno teorizzato la supremazia dell’autoregolazione del mercato per rilanciare un insieme di politiche di redistribuzione dei redditi e industriali in grado di sostenere una ripresa della domanda interna e il rilancio del settore produttivo.
In quest’ambito il Congresso ritiene positivo l’intervento annunciato di diminuzione della pressione fiscale sulle lavoratrici e sui lavoratori. L’intervento dovrà essere conseguito attraverso un sistema di detrazioni e garantire i suoi benefici anche nei confronti dei cittadini incapienti che non versano l’Irpef e per i pensionati.
E’ evidente che questo primo intervento dovrà essere seguito da un’attenta politica di redistribuzione del reddito in grado di ridurre le profonde differenze sociali, aggravate dalla crisi, che caratterizzano il nostro Paese.
Con la stessa urgenza è necessario progettare chiare e definite politiche industriali, sostenute anche da interventi pubblici, finalizzate a consentire una ripresa di competitività del sistema Italia, con particolare attenzione alle aree meridionali, e conseguire l’obiettivo di ridurre la disoccupazione, vera e propria emergenza in grado di rompere la tenuta sociale e democratica del nostro Paese.
La necessità di perseguire tali linee d’intervento è confermata da quei Paesi Europei che, utilizzando la leva della spesa pubblica e perseguendo politiche industriali in grado di rafforzare i rispettivi “sistemi” Paese, hanno reagito meglio alla fase di stagnazione e oggi hanno ripreso la crescita.
In questo ambito il Piano per il Lavoro, strumento offerto dalla Cgil alla discussione del Paese, rappresenta uno strumento valido e in grado, se attuato, di rimettere immediatamente in circolazione risorse economiche, pubbliche e private, per consentire una ripresa della domanda interna e avviare una fase virtuosa che trascini fuori dalla crisi l’economia italiana.
Forte preoccupazione è espressa dal Congresso anche per il degrado civile, di legalità, dell’etica pubblica che caratterizza il nostro Paese che, comportando un forte distacco tra cittadini e politica, rischia di mettere in discussione la tenuta democratica e sociale del Paese.
E’ evidente che tale processo di “arretramento” culturale va contrastato mettendo in campo un’idea diversa di società. Una società che premia il rispetto delle regole, valorizza il lavoro, offre pari opportunità a tutti i cittadini, promuove la “mobilità” sociale attraverso il riconoscimento dei meriti e delle competenze, adotta un sistema fiscale equo e progressivo in cui il pagamento delle tasse avvenga sui redditi e sulla ricchezza reale, compresa quella derivante dalle transazioni finanziarie di carattere speculativo.
In quest’ambito il regolamento applicativo degli accordi del 28 giugno 2011 e 31 maggio 2013 sottoscritto il 10 gennaio 2014 rappresenta una novità assoluta.
Il Congresso ritiene positivo che il Testo Unico (TU) abbia raggiunto obbiettivi lungamente perseguiti dalla Cgil, a partire dal voto delle lavoratrici e dei lavoratori così come previsto dallo Statuto stesso. La Confederazione deve operare per estendere l’applicazione dell’accordo alle Associazioni datoriali non firmatarie, fermo restando l’obiettivo di arrivare a una legge che disciplini la materia.
La certificazione degli iscritti, l’equilibrio tra iscritti e voti ottenuti alle elezioni delle RSU, l’elezione interamente proporzionale di quest’ultime, la garanzia di un sistema che definisca “chi rappresenta cosa” sono elementi in grado di far superare la stagione degli accordi separati, sottoscritti senza la Cgil, che hanno indebolito le lavoratrici e i lavoratori e consentito la perdita di diritti faticosamente conquistati nel secolo scorso.
Il voto delle lavoratrici e dei lavoratori sui contratti nazionali rappresenta il conseguimento di un obiettivo politico lungamente ricercato dalla nostra Organizzazione.
Nella fase di prima applicazione del TU sarà necessario porre particolare attenzione:
Nei rinnovi contrattuali: al tema delle sanzioni che non potranno diventare uno strumento per limitare un diritto costituzionalmente garantito nè un arma per limitare l’attività e la libertà delle RSU, ma un sistema equilibrato e indirizzato anche alle imprese in grado di intervenire nei casi in cui vi sia una violazione degli impegni assunti e prevedere una compresenza tra RSU e strutture territoriali su particolari problematiche da individuarsi nei Ccnl.
Al rapporto con le lavoratrici e i lavoratori per gli accordi di secondo livello delle aziende per il quale sarà necessario ricercare un’intesa con le rispettive categorie di Cisl e Uil (e in via prospettica con le stesse controparti), come già realizzato con l’accordo intersindacale del 25 novembre 2011, che disciplini le modalità per la consultazione delle lavoratrici e dei lavoratori in merito agli accordi aziendali, nell’ottica di garantirne la maggior partecipazione e coinvolgimento possibile.
Proprio per l’importanza dell’accordo è necessario che la gestione veda un forte coinvolgimento di tutte le categorie in un rapporto coordinato e strategico con la confederazione.
La consultazione degli iscritti, effettuata da tutte le categorie della Cgil in questi giorni, ha rappresentato l’ulteriore dimostrazione della volontà della nostra organizzazione di mantenere un confronto costante e continuo con le lavoratrici e i lavoratori su tutte le tematiche che impattano sulle loro condizioni di lavoro e sui percorsi democratici all’interno delle aziende.
E’ necessario operare per ottenere una sostanziale modifica della riforma del sistema previdenziale introdotto dalla legge Fornero. Un sistema rigido che non differenzia le situazioni organizzative e produttive dei vari settori non consente di operare per tutelare l’insieme delle lavoratrici e dei lavoratori. Vanno riconosciute e apprezzate le differenze, garantendo un sistema universalistico e flessibile che consenta alle lavoratrici e ai lavoratori di poter decidere quando uscire dal lavoro senza penalizzazioni e permetta di garantire diritti anche a quelle lavoratrici e a quei lavoratori per i quali l’attività è per definizione stagionale e intermittente.
Sempre in materia pensionistica Slc ritiene che le norme previdenziali specifiche per il settore editoriale debbano essere modificate, anche in considerazione della grave crisi che il settore sta attraversando, in una logica complessiva di rilancio della politica industriale del settore, eliminando la retroattività introdotta con l’ultima modifica legislativa.
Slc ha assistito con sgomento alla vicenda parlamentare relativa alle cosiddette “quote rosa”.
Il congresso ritiene, infatti, che il senso di quell’opposizione trasversale a una normativa, purtroppo necessaria, di tutela di genere segni la profonda arretratezza culturale di un paese che non è ancora in grado di praticarla.
Quest’arretratezza la scontiamo quotidianamente nell’impossibilità reale di una conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, e nella verifica della permanenza di un ruolo comunque subordinato che le donne sono conseguentemente costrette a interpretare nella loro realtà lavorativa.
Se da un lato dunque Slc reputa necessaria una nuova legislazione, a 14 anni dalla pur egregia legge 53, dall’altra s’impegna, per quanto le spetta, a un cambio di passo nella contrattazione e nella redazione di accordi e piattaforme, iniziando a praticare una presenza paritaria tra uomini e donne nelle delegazioni trattanti. Inoltre, nelle vertenze di rinnovo contrattuale andrà disciplinata la fruizione ad ore dei congedi parentali.
Slc chiede il riconoscimento della maternità per l’insieme delle donne indipendentemente dalla tipologia di rapporto di lavoro.
Slc Cgil, in consonanza con i diritti sanciti dalla Costituzione, assume la tutela della salute e della sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori come una delle priorità delle proprie iniziative. Ritiene in generale che vada contrastata l’idea che, in tempi di crisi, la questione della sicurezza sia derubricata a costo evitabile dall’impresa e rischio accettabile per le lavoratrici e i lavoratori, avendo particolare attenzione alle peculiarità dei singoli settori.
Dinanzi all’assunto della parcellizzazione estrema delle tipologie di rapporto di lavoro, Slc ribadisce la necessità di continuare a praticare una contrattazione inclusiva, che gradualmente leghi anche le tipologie contrattuali atipiche ai rispettivi Ccnl, garantendo contestualmente alla platea di lavoratrici e lavoratori interessati l’estensione di diritti a oggi loro negati.
Analogamente la categoria è impegnata a continuare sulle politiche di riduzione dei Contratti Collettivi, condizione per rafforzare le tutele e i diritti dei lavoratori.
Infine, ad oltre 20 anni dall’entrata in vigore della legge 146/90, è necessario prendere atto delle distorsioni create da una normativa, nata nell’intento di tutelare i cittadini, che nel tempo si è trasformata in un percorso ad ostacoli per la proclamazione dello sciopero.
Concepita all’epoca dei monopoli, oggi comporta un oggettivo impedimento alle legittime forme di lotta delle lavoratrici e dei lavoratori senza vincolare in nessun modo i comportamenti aziendali.
Al Parlamento andrà chiesto di modificare la legge, riequilibrandone gli effetti ed escludendo quei settori in cui i processi di liberalizzazione hanno determinato condizioni di concorrenza simili a quelle presenti nel settore industriale che non giustificano più limitazioni all’esercizio del diritto di sciopero.
Per quanto attiene le problematiche inerenti alla categoria, il Congresso ritiene indispensabile indirizzare i prossimi impegni della categoria sulle seguenti direttrici.
Poste Italiane: Slc ha appreso con preoccupazione che il Governo italiano ha deciso di procedere alla vendita del 40% delle azioni di Poste Italiane senza aprire un confronto con le parti sociali.
Ritiene quindi che prima di procedere al parziale collocamento di parte del pacchetto azionario sul mercato, sia necessario stabilire regole chiare che impediscano il concentramento di pacchetti azionari in capo a pochi soggetti e che vietino l’acquisto di azioni a chi sia soggetto d’interessi confliggenti con quelli del gruppo Poste.
Il Governo deve inoltre garantire che Poste rimarrà una public company, con lo Stato proprietario di almeno il 60% delle azioni e con un piano industriale che indichi come le risorse reperite dal
collocamento azionario saranno investite per l’ulteriore sviluppo del gruppo, che dovrà restare unico.
Se dovesse venir meno il controllo pubblico, il Congresso impegna la categoria, in sinergia con la Cgil, ad attivare tutti gli strumenti, compresa la raccolta di firme per un referendum popolare, per contrastare una privatizzazione che possa provocare danni analoghi a quelli realizzati dalla privatizzazione di Telecom.
In merito poi alla vendita di azioni ai dipendenti con la possibilità di espressione di un loro rappresentante all’interno dei CDA, Slc riconferma la propria contrarietà poiché ritiene che sia diversa la strada da percorrere se si vuole perseguire la finalità di una maggiore partecipazione delle lavoratrici e dei lavoratori alla vita e alle scelte delle aziende.
In questo senso Slc considera necessaria una nuova stagione legiferante che declini operativamente quanto espresso dall’art 46 della Carta Costituzionale.
Telecomunicazioni: è necessario continuare a operare per garantire che i progetti di Telefonica sul Gruppo Telecom siano definitivamente archiviati. Dopo la stagione drammatica causata da una privatizzazione sbagliata e nefasta per i destini del gruppo, è necessario lavorare per realizzare una public company in grado di garantire al Paese che il maggiore operatore di telecomunicazioni realizzi gli investimenti necessari ad ammodernare e realizzare le reti di nuova generazione.
Nella situazione attuale gli operatori telefonici principali (Telecom, Vodafone, Wind, H3G, Fastweb, BT, Tiscali, ecc.) in realtà determinano le condizioni di lavoro per tutte le attività gestite tramite appalto quali i call center, la rete, l’informatica e il facility managment.
La crisi e l’enorme concorrenza che si è scatenata hanno determinato le condizioni per una forte riduzione delle tariffe praticate dalle aziende che operano in appalto con la conseguente contrazione di diritti nei confronti delle lavoratrici e dei lavoratori.
Sono da introdurre elementi per correggere la distorsione creata da questo sistema che sta provocando drammi sociali nel settore dei call center, degli appalti di rete e di quelli dell’informatica.
L’Italia ha recepito parzialmente, con la Legge 428/90, le tutele garantite dalla legislazione Europea, evitando di estendere le tutele previste dall’articolo 2112 del codice civile (il lavoratore segue il lavoro mantenendo salario e diritti acquisiti) anche nei casi di cambio d’appalto.
Tale vuoto normativo ha provocato la conseguenza che ad ogni rinnovo e/o cambio di appalto per le lavoratrici e i lavoratori interessati si apre una fase di contrazione delle condizioni applicate in azienda quando non si arrivi direttamente alla perdita del posto di lavoro.
Il recupero delle condizioni garantite dall’Europa deve vedere l’impegno di tutta l’organizzazione. Da un lato attraverso il ricorso alla Corte di Giustizia Europea per chiedere un pronunciamento sul mancato recepimento dei contenuti della direttiva da parte del nostro Paese, dall’altro attraverso un’iniziativa di mobilitazione, sciopero e manifestazione nazionale, a sostegno delle indispensabili modifiche legislative che consentano di introdurre la clausola sociale nel cambio di appalto e portino alla piena applicazione delle norme previste dall’articolo 24 bis in tema di delocalizzazioni. In tale ambito sarà necessario aumentare gli interventi sulla committenza affinché affidino attività outbound solo a call center che applichino ai lavoratori il contratto Tlc con l’appendice sottoscritta per i lavoratori a progetto in data 1 agosto 2013, così come previsto dall’articolo 53 del contratto nazionale di lavoro.
Sono inoltre improcrastinabili gli investimenti in tecnologie e innovazione ed è prioritario rilanciare e accelerare gli investimenti per la realizzazione compiuta dell’Agenda digitale, pena un arretramento inaccettabile del sistema produttivo e dei servizi del paese.
È necessario che gli indirizzi di politica industriale passino per una riconferma dell’individuazione e dell’interesse del governo per gli asset strategici del paese, tra i quali rientrano certamente sia Telecom sia Poste Italiane. In quest’ambito anche attraverso risorse pubbliche e private è necessario rilanciare gli investimenti che sono la precondizione per realizzare l’agenda digitale.
Queste due aziende hanno la possibilità di agire in modo integrato costituendo un’invidiabile “rete delle reti” che costituisca un’interfaccia sinergico per i singoli cittadini, per la PA e per il sistema d’impresa.
Produzione multimediale: il comparto vive una fase di trasformazione profonda nel bel mezzo di una crisi epocale. Da anni Slc rivendica la necessità di politiche di raccordo tra il mondo dell’editoria e quello dell’emittenza. Serve una legge di sistema che superi la legge Gasparri, ponga rimedio al conflitto d’interessi e corregga gli squilibri che concorrono a drogare il mercato in ambito pubblicitario.
Elementi che più di tutti stanno colpendo l’emittenza privata e locale. A rischio ci sono migliaia di posti di lavoro e il pluralismo dell’informazione in un settore in cui gli ammortizzatori sociali sono inesistenti.
Va riaffermato il principio che il servizio pubblico è un bene comune, respingendo con forza gli attacchi che puntano a un indebolimento della Rai.
Nel 2016 scadrà la concessione alla Rai ed obiettivo della nostra categoria deve essere quello di continuare a difendere il principio che il servizio pubblico è uno e indivisibile. Nessun bollino può essere applicato per distinguere dagli altri i programmi finanziati dal canone, così come nessun taglio alle sedi regionali può essere accettato.
Sarebbero a rischio posti di lavoro e pluralismo dell’informazione che il servizio pubblico deve garantire, liberandosi piuttosto dalle ingerenze della politica.
Va dunque avviato un percorso che sfrutti il semestre europeo per affrontare una discussione su quale modello di servizio pubblico il Paese vuole adottare, guardando a cosa accade in Europa.
Nel settore dell’industria è necessario procedere in direzione dell’unificazione contrattuale per arrivare a un contratto nazionale della filiera della carta che, oltre ai tradizionali Ccnl (cartai- grafici-poligrafici) sia in grado di attrarre altri contratti attualmente esclusi dal perimetro della filiera (pubblicità e software house).
Slc ritiene necessario coinvolgere tutti i soggetti della filiera nella preparazione di un piano industriale nazionale per il settore dell’editoria e della comunicazione, che si occupi delle modalità con cui si utilizzano i contenuti editoriali e l’informazione che vanno regolati attraverso il sistema della certificazione, della fonte e della qualità del prodotto. Questa regolamentazione è indispensabile per il rispetto del pluralismo dell’informazione e la tutela della conoscenza.
E’ necessario, infine, chiedere alle istituzioni di intervenire con misure più stringenti e persuasive per il rispetto della dignità della persona e in particolare della donna e attivare un percorso di collaborazione e confronto con gli organi dei giornalisti e con le aziende per far si che nell’esercizio dell’attività giornalistica, nell’ambito della comunicazione pubblicitaria e nella programmazione televisiva si superino gli stereotipi di genere che sono l’humus sul quale proliferano comportamenti discriminatori che troppo spesso sfociano in episodi di violenza sulle donne e femminicidio.
Produzione Culturale: è necessario rivendicare la tutela posta dalla Costituzione.
Diventano pertanto centrali da un lato l’aumento del finanziamento pubblico, dall’altro il superamento dell’impostazione sbagliata che vede le risorse destinate alla cultura come spese e non come investimento produttivo.
E’ urgente ridisegnare politiche contrattuali che raggruppino i settori di prosa, musica e cinema, e chiedere interventi urgenti per garantire al settore le necessarie infrastrutture produttive.
Uno strumento idoneo a incentivare gli investimenti nel settore è quello della detraibilità fiscale degli investimenti. La necessità di procedere in tale direzione è comprovata da quanto sta accadendo alle Fondazioni Lirico Sinfoniche in conseguenza alla costante riduzione del FUS.
Slc ritiene che il rafforzamento del sistema della cinematografia nazionale passi necessariamente attraverso il rilancio degli stabilimenti di Cinecittà.
Slc ritiene che il D.M. sulla salute e sicurezza negli spettacoli teatrali, musicali e cinematografici in via di approvazione nell’ambito del decreto del fare, attuato per rispondere ai lutti dei concerti live di Jovanotti e Pausini sia, per i suoi contenuti, assolutamente inadeguato a tutelare le lavoratrici e i lavoratori del settore.
Nel settore dello sport è necessaria un’accelerazione per il rinnovo dei Ccnl, contestualmente a una revisione complessiva della legislazione di settore che non consenta lo sfruttamento e la negazione di diritti degli operatori impegnati in questo settore, garantisca standard di professionalità e qualità dei servizi offerti ed eviti le forme di elusione fiscale e contributiva presenti nel settore.
Organizzazione: Slc s’impegna anche ad attivare un percorso formativo nazionale che consegni tutti gli strumenti negoziali e politici necessari affinché i quadri e i delegati sappiano operare con rinnovata competenza in tutti i livelli di contrattazione e di assistenza dei singoli sui territori.
Dal punto di vista organizzativo, come già deliberato nel direttivo del 10 e 11 aprile 2013, il Congresso dà mandato al futuro gruppo dirigente a proseguire, di concerto con le strutture territoriali, nel processo di riorganizzazione della categoria che possa garantire una presenza più capillare sui territori e l’autonomia economica e organizzativa di Slc.
Il Congresso giudica di straordinaria importanza l’apporto del lavoro svolto dalle strutture della Slc e dalle migliaia di delegate e delegati che, attraverso la quotidiana, competente ed appassionata azione sindacale di contrattazione e di tutela, hanno permesso una costante crescita complessiva della categoria.
Il Documento Politico è stato approvato dalla maggioranza della platea congressuale con i seguenti voti :
Votanti 336 SI 246 NO 12 Astenuti 78
Scarica il documento: documento Politico Congresso SLC CGIL 2 -3 -4 aprile 2014