Con David Oyelowo, Tom Wilkinson, Cuba Gooding Jr., Alessandro Nivola, Carmen Ejogo
L’ultimo lavoro dell’afroamericana Ava DuVernay convince per molti aspetti. Innanzitutto conferma la tesi, più volte sostenuta anche nelle nostre recensioni, secondo cui il cinema sia il modo più interattivo per conoscere “porzioni” di storia. Questo film-documentario porta sul grande schermo un episodio ancora poco studiato nelle scuole e lo fa in maniera meticolosa e ammirevole; difficilmente, dopo aver abbandonato la sala cinematografica con un groppo alla gola, lo spettatore potrà dimenticare date e nomi di questa straordinaria vicenda.
Siamo negli Stati Uniti d’America, nel periodo che va dalla consegna del Premio Nobel per la Pace a Martin Luther King nel 1964 fino al riconoscimento del Voting Rights Act nel 1965. Sono due anni in cui la battaglia per i diritti civili dei neri d’America giunge al suo culmine, lasciando dietro di sé una scia di martiri della libertà. È l’Alabama lo Stato più “negriero” e conservatore degli U.S.A., con una violenta opposizione al diritto di voto; ed è lì che un gruppo di militanti pacifisti della Southern Christian Leadership Conference esaspera la protesta, guidati fisicamente e moralmente dal reverendo Martin Luther King.
Il film racconta con una precisione quasi cronachistica questi momenti cruciali per la storia americana e spiccano per pathos le immagini reali del conflitto a Selma. Apprezzabile è anche la volontà di tratteggiare lo sfondo psicologico dei protagonisti, dandone un’immagine più profonda di quella restituita nei libri: l’estrema sofferenza di Martin Luther King, che sente su di sé tutto il peso del destino di un popolo; il cinismo morale di George Wallace, governatore dell’Alabama; il tormento interiore dell’allora Presidente degli Stati Uniti Lyndon Johnson, stretto fra gli enormi doveri del suo ruolo istituzionale e il desiderio di lasciare al mondo un segno positivo. Ed è proprio Lyndon Johnson (nel film interpretato da un eccellente Tom Wilkinson) a segnare una svolta veramente democratica in questa battaglia.
Quindi, è una regia sicuramente precisa ed emozionante quella di Ava DuVernay, esaltata dall’ottima interpretazione degli attori (su tutti, brilla David Oyelowo nei panni del dottor King). Lascia qualche perplessità soltanto la lentezza della narrazione e il suo indugiare su aspetti che potrebbero essere sottesi o tracciati in maniera più vorticosa. Anche se il cuore ne è conquistato, si ha quasi la sensazione che il film non prenda mai definitivamente il volo.