“Lo stato della produzione culturale non può prescindere dalle condizioni di vita e di lavoro degli artisti e di tutti coloro che operano nello Spettacolo”. Questo principio di fondo, sancito nello “Statuto Sociale Europeo degli Artisti”, rappresenta un punto di riferimento imprescindibile nella elaborazione di politiche nel campo della produzione di spettacoli.
Uno dei punti di osservazione più interessanti per la valutazione dello stato di salute delle attività culturali di un Paese è proprio la condizione degli artisti, il modo in cui essi lavorano e interagiscono con la realtà sociale. In Italia, nonostante le ripetute raccomandazioni comunitarie, il lavoro degli artisti è ancora oggi perlopiù “invisibile” e privo di diritti e tutele. Questa situazione produce sfruttamento, sottoccupazione, lavoro nero, mancanza di assistenza e previdenza sociale, impedendo lo sviluppo dell’ attività creativa e determinando condizioni di vita estremamente precarie se non di esplicita indigenza. La situazione si aggrava nel territorio pugliese, dove, peraltro, il settore dello spettacolo occupa circa 10.000 addetti, collegati ad una molteplicità di strutture, fondazioni, cooperative, associazioni. Oltre il 46% di tali strutture sono dislocate nel territorio della provincia di Bari e di queste più del 40% sono concentrate nel capoluogo dando occupazione a circa 2.000 operatori. La loro professione, però, si svolge in condizioni del tutto o in parte inaccettabili. Attori, musicisti, danzatori di Bari, oltre a far parte di una categoria già di per sé massacrata dai tagli e dall’assenza di leggi a loro tutela, hanno anche lo svantaggio di operare in una realtà priva di regole e di obiettivi di sviluppo, povera di teatri, di spazi creativi, di attività stabili di produzione. Manca del tutto un piano strategico cittadino teso a valorizzare i patrimoni d’arte e cultura e a creare occupazione degli artisti, i quali spesso soccombono in una situazione priva di programmazioni organiche e di adeguate risorse, o sono costretti all’emigrazione. Gli Enti locali utilizzano criteri di erogazione delle risorse pubbliche continuando a privilegiare l’attività di distribuzione e la realizzazione di “eventi” che “animano” la città, piuttosto che la creazione di poli produttivi in grado di darle un’“anima”. Gli eventi, pur necessari, non producono alcuna ricaduta sull’incremento della creatività e dell’economia degli artisti che operano nel territorio, né una maggiore coesione tra attività culturali e cittadini, i quali continuano a fruire della realizzazione di spettacoli più come occasione di svago che in un senso di partecipazione alla vita sociale e culturale della città. Inoltre, se da un lato esistono poche strutture iper finanziate da un sistema di convenzioni improduttivo e non controllato, per contro tante giovani realtà stentano ad emergere a causa dell’erogazione a pioggia di scarse risorse. Elaborare politiche culturali comporta un’attenzione alla Storia della città, alle sue vocazioni, alla creazione di strutture che grazie ad azioni tecniche, finanziarie, relazionali, siano in grado di formare un indotto che consenta a tutti di esprimere al meglio competenze e creatività. Significa far sì che le nuove realtà che producono idee e contenuti germoglino, crescano, si espandano, creando occupazione e favorendo innovazione e ricerca. Significa costruire accordi culturali continui e duraturi, evitare dispersioni, moltiplicare sinergie mettendo in rete la produzione, la distribuzione, le istituzioni scolastiche e universitarie, i centri di formazione artistico – musicale. Insomma, saper dialogare orizzontalmente con i vari saperi, essere interdisciplinari, sviluppare una solida progettualità e conoscere approfonditamente tutta la filiera produttiva del lavoro in campo culturale.
Gli Enti locali hanno il dovere politico e sociale di assumere un ruolo di mediazione che coinvolga tutti i soggetti che contribuiscono alla vita culturale della città in un processo di sviluppo condiviso e partecipato.
Maria Giaquinto