(di Nicola Di Ceglie)
Ogni tanto gli italiani prendono un’infatuazione per il Presidente del Consiglio ‘ghe pensi mi’. È capitato con Craxi, poi con Berlusconi e ora c’è don Matteo (Renzi). Il giovane democristiano si è evoluto in ‘Democratico’ e dopo la prima visita al consiglio Europeo in ‘Demopratico’. D’altronde tutti i popoli a noi simiglianti ci sorpassano in ricchezza, consumi, occupazione mentre noi abbiamo ancora la velocità della tartaruga che gareggia con Achille. Perciò Renzi non ha tempo di risolvere i problemi della gente, confrontandosi con le parti sociali. Bisogna ascoltarlo e non contraddirlo. Il ‘job act’ risolverà il futuro di 5 milioni di disoccupati e non sarà necessario dare ascolto ai sindacati per prendere decisioni importanti. E quando la Camusso gli ha promesso uno sciopero generale contro scelte fatte a capocchia, lui ha risposto: Se “avremo i sindacati contro, allora ce ne faremo una ragione. Bene, il signor ‘Demopratico’ sappia che a noi non piace il tono con il quale continua a rivolgersi al nostro segretario nazionale. Renzi dimostri di saper governare, ma porti rispetto alla CGIL che ne ha visti passare tanti di premier attivi e volenterosi come lui. La nostra ‘cautela’ non è un difetto da ritardati che non comprendono i tempi della modernità. Abbiamo vinto migliaia di lotte per il lavoro e la libertà, conservando i nostri metodi e la nostra tradizione sindacale. Emulando lo spavalderia del fiorentino anche il Governatore della Banca d’Italia, Visco, ha definito il sindacato un ‘nodo strutturale’, una ‘remora allo sviluppo del paese’. Ci vien voglia di cantar la messa anche a questi aristocratici del Profitto che muovendo il denaro verso la speculazione invece che verso la produzione hanno fatto chiudere migliaia di imprese. Nel titolo di questo editoriale ho citato la ‘calunnia simmetrica preventiva’ Ho preso in prestito il concetto dagli esperti di psicologia che la spiegano così: ‘Si accusa l’avversario della stessa colpa che potremmo ricevere’. Ecco cosa hanno fatto esattamente il premier don Matteo e il governatore delle banche d’Italia, senza tanta buonafede. Hanno accusato la CGIL di colpe altrimenti destinate a loro due. Noi comprendiamo e sorvoliamo, anche se di calunnia si è trattato. Ma vogliamo anche dirgli, a muso duro, che non dimentichiamo.