(di Francesco Monteleone)
Regia di Alfredo Vasco, con Teo Saluzzi, Cristina Angiuli, Gianni Sardella, Nicola Loiacono, Barbara Grilli, Mauro Milano, Aldo Ferrara. Teatro Duse, 2013.
Non se ne va…Il piacere della commedia fatta da Edoardo De Filippo nel 1931 e reinterpretata da Alfredo Vasco il 22 dicembre 2013 non se ne va dalla mente, dunque bisogna scrivere. Perché a teatro ciò che vale per il giudizio critico finale è la ‘permanenza’, ovvero quella sensazione positiva o negativa che rimane più a lungo nella mente; come accade, in un tempo minore, quando si gusta una tazzina di caffè a Napoli o la focaccia barese al panificio Fiore, oppure quando si contempla la scena finale di STILL LIFE o quando si annusa un profumo di ottima fragranza su uno sconosciuto. Ebbene, dalla suddetta messa in scena prodotta dal Teatro Duse si esce bene, soddisfatti, con la voglia di abbracciare tutto il cast per la bravura dimostrata.
Alfredo Vasco è l’artista del découpage teatrale. Il regista, da qualche tempo, trova un vecchio copione e lo riutilizza, dandogli una nuova giovinezza, proprio come si fa con quella mirabile tecnica artistica; egli toglie la polvere dalle superfici delle parole e ci mette sopra nuove decorazioni emotive. Lo ha fatto con il capolavoro di Edoardo che ogni tanto la RAI ritrasmette in una sbiadita, ma indimenticabile registrazione del 1977 con Pupella Maggio, Luca De Filippo, Lina Sastri, Marisa Laurito e altri soggetti di rilievo.
Alfredo ha ricollocato la favola dei Cupiello negli anni ’60, quando fu proprio il boom economico a rottamare la religiosità dei presepi e l’asfissiante etica familiare. La struttura del testo è rimasta la stessa, ma il regista ha asciugato il numero delle parti e ha reso più maneggevole la recitazione dei personaggi essenziali, migliorando ritmo, linguaggio e armonia originali. Infine, nella foga creativa ha imbroccato un cambio drastico e vitale: in casa Cupiello non si parla il napoletano, ma il pugliese e mirabilmente non si indebolisce né la tragicità, né la commedia Defilippica.
Cristina Angiuli interpreta Concetta, la mamma-moglie che maneggia le nevrastenie del marito, l’insolenza del figlio cercaguai, la protervia del cognato, l’infedeltà coniugale della figlia femmina. Essendo molto più carina di Pupella Maggio, l’attrice barese si fa gustare per la sua grintosa sensualità. Il dialetto di Valenzano che le risuona in bocca è schietto, rotondo, radioso. Le battute sono scandite con ironia, il pathos non ha sfumature equivoche, le azioni di approvazione o disapprovazione sono interpretate con forte personalità attorale.
Gianni Sardella (Tommasino) è il primo jolly provvidenziale. Tolti i panni femminili di Isa delleBattagliere che lo hanno reso popolare, il giovane attore si rivela un superdotato (della recitazione). Sardella interpreta la parte del figlio che odia il presepe, senza mai imitare Luca De Filippo, anzi riuscendo a superarlo in comicità. Furbo, strafottente, irriverente, iconoclasta, Tommasino scatena la potenza della sua rabbia generazionale quando attacca fisicamente il presepe e soprattutto quando scandisce l’ultima battuta della commedia: sì, mi piace… Ingannando suo padre con l’ennesima menzogna last minute, il figlio crudele lo spinge a morire in anticipo, da ritardato sociale.
Teo Saluzzi è Luca Cupiello, il patetico tipografo che a poche ore dalla notte del Santo Natale, si ritrova al centro di un’esplosione di insofferenza familiare e ne rimane fulminato. Questo protagonista è un ruolo difficile da interpretare e onorare. Luca deve sapere mantenere le distanze da tutti, per ostentare la sua debolezza patriarcale come se fosse una virtù. Teo, in illo tempore, ha preso lezioni direttamente da Edoardo, ma non soccombe al rimpianto dei suoi documenti d’archivio. Il suo Luca vive coerentemente nella prigione dell’incredulità, non ha fascino, non sa prendere decisioni, sembra fesso eppure troverà la maniera di realizzare un presepe vivente, dando triste solennità alle miserie umane. Saluzzi è molto, molto preciso nel pronunciare le famose battute sul ‘cappotto’ sulle ‘scarpe’, sulla ‘eredità’ del fratello ecc. Edoardo De Filippo se le lasciava scivolare dalla bocca, Saluzzi converte la vocalità discorsiva del suo maestro in una clownerie e il pubblico si rompe nelle mille voci della risata.
Barbara Grilli (Ninuccia) e Aldo Ferrara (Vittorio Elia) sono i due accecati amanti che vanno all’attacco del consenso morale, fottendosene dei valori natalizi. Ninuccia non sopporta più la grande frustrazione di un desiderio non soddisfatto. Non vuole più tacere al mondo di avere un altro compagno e per liberarsi del suo peccato scrive una scandalosa lettera cartacea. (Oggi i tradimenti si rivelano con sms e mail). Vittorio, l’amante, seguirà obbediente la femmina morbosa fin dentro il salotto dei Cupiello dove, invece della nascita di Cristo, si imbandirà l’ultima cena. Uno di fronte all’altro i due giovani sono calati nella loro felicità, ma dando le spalle alla famiglia risulteranno colpevoli di un sadico egoismo.
Una dedica a parte la merita Mauro Milano (Nicola) che questa volta fa il marito minotaurizzato da una impaziente casalinga che si impegna affinché tutti lo sappiano. La ricchezza economica non gli è servita per freddare i bollori dell’adultera Ninuccia. Il suo sostituto è un gran figo. Il disperato Nicolino è gretto sessualmente, pensa a far soldi, viene festeggiato se porta il capitone, insomma è un condannato alle corna, al quale si chiede di esprimere una condizione di rancore, amarezza e risentimento verso la moglie dalla doppia vita. L’attore Mauro Milano, questa volta, incarna il capro espiatorio di Vasco (che se ne sceglie uno per ogni commedia). Facendo il genero cornuto e detestato, egli deve certificare il luogo comune che “il più bello toglie la donna al meno bello”. Allora è bene sottolineare che Mauro ha una personalità amabile ed è un caratterista scrupoloso dotato di grande volontà, insomma un professionista del palcoscenico; inoltre è un bel ragazzo con una pelata che di questi tempi risulta più sexi della capigliatura anni ’70. Il perfido regista avrebbe potuto invertire il suo prevedibile ruolo con quello del seducente attore romano Aldo Ferrara e premiarlo: Mauro si sarebbe goduto il bacio voluttuoso della Grilli e avrebbe pianto tra le braccia di Luca Cupiello, recitando il profetico giuramento d’amore. Invece…
Il nostro riconoscimento più grosso se lo prende Nicola Loiacono, il quale si è esibito sul palcoscenico nella parte di Pasqualino, il fratello scocciante di Luca Cupiello…Per lui ci vorrebbe una ricca narrazione umana. Questo signore, del quale non ci conosce l’età teatrale, sembra vaccinato contro tutte le malattie delle scuole d’arte drammatica che applicano i ‘metodi’…Nicola ha un doppio vantaggio fisico. La voce è sfiduciata per qualsiasi discorso vero e credibile. Il corpo non si può raddrizzare dalla sua ridicolaggine, nemmeno con tutte le risorse della sanità pubblica. Quando c’è lui nei duetti comici il pubblico si impegna a votargli la leadership. La gag delle bretelle rubate e i litigi con il nipote sono da collezione.
Può bastare, anche se bisognerebbe scrivere una recensione in un tempo direttamente proporzionale a quello impiegato dalla compagnia per allestire la commedia. Il secondo atto del ‘Natale in casa Cupiello’ firmato da Alfredo Vasco è tutto un colpo di scena, grazie anche allo scenografo Mastropasqua e alla costumista Rossella Ramunni. Le nostre parole non hanno lo stampo adatto per i gioielli artigianali visti in scena. Ora, attenderemo che questo spettacolo venga replicato l’anno prossimo. Al Teatro Duse, se Dio vorrà.