“Amare è volere per qualcuno le cose che si ritengono buone”
Dobbiamo citare il più grande dei filosofi, Aristotele, per introdurre questo magnifico film sull’amore, che nell’epoca d’oro del femminicidio meglio non si poteva fare, per tante ragioni.
Prima ragione è la scelta del personaggio storico: la scrittrice londinese Mary Shelley (Elle Fanning), la conosciamo poco (sappiamo che fu l’autrice di “Frankenstein”). La conosciamo male, perché dopo aver immaginato il mostro assassino che ci fà tanta paura, Mary ha scritto testi femministi che ancora oggi sono utili alle politiche attive.
Seconda ragione: Haifaa Al Mansour è la prima regista donna dell’Arabia Saudita; un’artista superiore, coraggiosa e necessaria a disabilitare i patetici controllori culturale del suo retrivo paese. Con le opere cinematografiche Haifaa sta facendo nel Regno una rivoluzione spinosa contro l’intolleranza verso le donne, l’integralismo religioso. Le auguriamo una lunga vita con libertà illimitata inclusa nel canone.
La terza ragione è il soggetto della sceneggiatura. La storia fra Mary Wollstonecraft Godwin (figlia del filosofo determinista William Godwin) e il poeta romantico Percy Shelley (Douglas Booth) fu una battaglia d’amore senza rinvii e senza protezioni che ci commuove, ci istruisce, ci soccorre.
E poi ci sono i costumi, le scenografie, l’interpretazione degli attori che sono idonei a tutti i migliori festival di cinema.
Questo film dovrebbe essere proiettato nelle scuole, affinché i ragazzi più giovani sviluppino spirito di emulazione per una signorina che ha fatto la storia della letteratura.
Questo film è grande perché insegna che il vero amore è il sentimento di preoccupazione e di cura verso qualcuno al quale si vuole bene. Quando c’è una semplice attrazione verso un altro essere, quando lo si vuole possedere senza avere una intenzione di bene, non è ancora amore.
Ecco perché abbiamo avuto bisogno di Aristotele. Chi ama deve semplicemente fare di tutto affinché l’essere proprio dell’amato si realizzi. Amare significa sacrificarsi a vantaggio di un altro essere, soprattutto se è superiore a se stessi.