‘Un uomo è rovinato da un clamoroso colpo di fortuna’. Questo che potrebbe apparire come il titolone di un giornale gossipparo, invece è il bilancio della vita di Martino Scialpi, il commerciante di Martina Franca che dopo aver fatto un 13 al mitico Totocalcio, inspiegabilmente, non ha mai ricevuto in premio la gigantesca somma vinta. Era difficile spiegare a parole quanto sia stato ironico il Destino, che ha scelto un uomo qualunque, gli ha fatto un regalo pazzesco e invece di cambiargli la vita in meglio, lo ha colpito con spietata determinazione.
Ma le storie ‘originali’ trovano sempre il modo di cacciarsi in un libro. Dino Cassone, maestro fasanese di eccellenti narrazioni, ha saputo ricostruire una complicata vicenda umana che è ancora in attesa del giusto epilogo; lo scrittore si è infiltrato nella mente di una vittima per caso e dalla linea di partenza a oggi ha messo in prosa i fatti reali, per sfibrare le menzogne giudiziarie e denunziare un regime di continue sopraffazioni imposto dal CONI.
I primi 5 capitoli del libro “Ho fatto 13” non fanno respirare. Quel che accadde nel mercato di Ginosa giovedì 29 ottobre 1981, la domenica successiva sui campi di calcio italiani e negli anni successivi negli uffici del Totocalcio di Bari, nelle caserma dei carabinieri, in famiglia, nelle aule dei tribunali ecc. sembrano le sequenze di un film sceneggiato da Fruttero & Lucentini. È dannatamente vero che la realtà supera la fantasia degli uomini: provate a leggere il libro recensito e auguratevi che mai accada a voi una simile ridicola tragedia: Martino Scialpi azzeccò la sconfitta in casa di un’invincibile Juventus, la vittoria del Perugia a Palermo, l’umiliazione del Milan a Catanzaro e altri inimmaginabili risultati; insomma scommise, rischiò e vinse 800 milioni che da 35 anni sogna di poter riscuotere.
Dino Cassone ha dovuto procedere a stento (ne abbiamo gran pena) tra migliaia di documenti, verbali, interrogatori, verdetti scritti in un linguaggio opaco, per connettere tante illazioni tra loro contraddittorie. Quando l’eroico autore descrive le cause giudiziarie e le decine di ricorsi sostenuti da Scialpi ci si sente in un labirinto dove l’uscita è stata cucita all’entrata. Cassone è un sadico che non vuol convincerci di nulla; ci ritorce contro le vuote deduzioni dei magistrati, le banali connivenze dei dirigenti CONI, la fiducia eccessiva di un cittadino nella legge dello Stato. E noi perdiamo le forze psichiche sfogliando pagine che non hanno un punto d’arrivo, che non giustificano una conclusione, una svolta…Solamente alla fine del ventunesimo capitolo noi riusciamo a professare un pensiero ‘made in bacchettone’: La giustizia è la cosa più importante e indispensabile nella società. Ma chi ha fornito alla società un’utile e praticabile teoria di Giustizia giusta? A noi ci piacciono i filosofi e non i docenti universitari, perciò dallo splendido dialogo tra Polemarco e Socrate nella ‘Repubblica’ di Platone, facciamo riemergere un certo Simonide che senza tante chiacchiere dice: “È giusto ridare a ciascuno ciò che gli è dovuto”. Chiaro, semplice e impossibile. Dino Cassone ha vinto; ci ha convinti che Scialpi è stato perseguitato da una falsa giustizia e rimarrà danneggiato a vita più di quanto lo sia già stato. Ma perché Scialpi non ha avuto e forse non avrà mai i denari vinti quella domenica fatale? “Io sostengo che la giustizia non è altro che l’utile del più forte” dice Trasimaco a Socrate. Leggendo l’ultima pagina di questo docu-libro scritto con tanto candore e rancore non ci resta che compatire il più grande e infelice vincitore di una schedina Totocalcio, perché egli contro “l’utile del potere costituito” nulla ha potuto fare, finora.