(di Francesco Monteleone)
Un film di David Cronenberg. Canada, USA, 2014
È vietato ai minori di 14 anni, ma questo film dovrebbe essere interdetto a tutte le età perché esso è una colposa privazione di tempo, un furto di pudore con destrezza, una spinta nel porcaio americano inopportuna e dannosa. Pensiamo che sia inutile impegnarsi nella segnalazione critica, dato che ne sconsigliamo la visione. Ma Spinoza ci ha insegnato la cautela. Forse quei modi di immaginare la realtà di Cronenberg vogliono farci comprendere la nostra vera natura; forse siamo portatori attivi di pregiudizi o non sappiamo riconoscere le perversioni proprie e altrui…Ok, proviamo a disporre sul foglio le parole più ragionevoli, anche se assomigliano a nuvole scure.
I fatti sono quello che sono. Gli incesti vengono scoperti frequentemente, molto frequentemente anche nella nostra raffinata e controllata società. Abbiamo libertà, ricchezza, grandi opportunità, ma a discapito del bene il regista ci avverte che i fatti sessuali spiacevoli sono consueti, attuali, inevitabili. È così: non è necessario che tutto ciò che non è morale non sia.
Cronenberg intreccia tre storie morbose che premono su un unico epilogo. Due fratelli (John Cusack, Olivia Wiliams) si sposano, non deliberatamente. I frutti della loro azione erotica sono una femmina (Mia Wasikowska) e un maschio (Evan Bird), due figli che si vogliono, a loro volta. I ragazzi si comportano secondo natura, ma hanno crepe mentali, forse genetiche. In loro presenza la distanza dalle sciagure è sempre breve. L’intera famiglia, che nasconde a tutti i propri segreti, casualmente entra in contatto professionale con una attrice hollywoodiana (Julianne Moore) a sua volta molestata sessualmente dalla madre, un mito del cinema morta nel pieno del successo artistico. Così tutti i personaggi in azione ci sembrano i casi clinici di un manicomio a cielo aperto, che è la famosa città del cinema, nella quale il corpo è la tessera universale per accedere ai servizi e alle sevizie.
Cronenberg, che nelle sue opere batte sul fisico umano come fanno i macellai con gli animali, questa volta ha esagerato nell’assecondare il disgusto sensoriale dei suoi fedelissimi fan. Ci propone le vicende di una giovane ustionata che perde liquidi mestruali, le ansie di una donna matura che emette arie maleodoranti dalle viscere, ci coinvolge nello scombinato dialogo di giovanissimi attori strapagati che si compiacciono di vendere i loro escrementi alle ragazzine ecc. Perfino le teen in sala, perdutamente invaghite del casto Robert Pattinson non ne possono più di tanta coprofilia. Orbene, lo sappiamo: il corpo, involucro dell’anima, è visibile, cagionevole, deforme, digerisce, suda, si sporca, si ammala…per queste imperfezioni noi ci impegniamo ad allisciarlo, ammorbidirlo, dimagrirlo, asciugarlo, raddrizzarlo. Ma il corpo è anche una fonte di piacere, grazie al cielo. Cronenberg si compiace di trattarlo unicamente con penetrazioni, repulsioni, mutilazioni, senza nessun effetto morale. Il suo è un sadismo da boutique. Il cinema, anche quando è una narrazione della violenza, deve precettare all’amore. MAPS TO THE STARS è fatuo esibizionismo di un autore che si mette in posa scabrosa, ma non riesce a stare in equilibrio. Julianne Moore ha sbagliato ad accettare questa parte. È stata violata la sua intimità, imbrattata la sua femminilità, immiserita la sua nudità, ma in nome di che cosa? Di una storia confusa, improbabile, ridicola, fumosa. Le donne non devono mai essere oggetto di oscenità; esse sono sempre le vestali della bellezza e dell’amore. Infine, ricordiamo che per essere un buon regista non basta saper fare le inquadrature. Si deve avere un messaggio da consegnare. Dopo aver scelto un genere, è categorico saper nutrire l’animo dello spettatore con emozioni non comuni. Per questo si paga il biglietto. Se Hollywood è tanto squallida è meglio massacrarla a colpi di statuette, come d’altronde accade nell’unica sequenza verosimile dell’intera pellicola.