Non fate terminare l’estate senza prima aver letto o riletto un classico. I libri che sopravvivono al tempo hanno sempre una parola giusta per tutti e attendono con ansia di essere sfogliati e amati.
Per chi non teme di scalare, anche durante le vacanze, una montagna (all’apparenza) insormontabile fatta di circa 650 pagine, “Illusioni perdute” di Balzac può essere una lettura interessante e formativa.
Scritto in un periodo che va dal 1837 al 1843, vale a dire negli anni clou dell’avventurosa carriera di Balzac (tormentato dai debiti e perseguitato dai creditori), l’opera racchiude in realtà tre romanzi.
Si apre con “I due poeti”, un affresco della vita di provincia nella cittadina di Angoulême. Qui vivono i due protagonisti del ciclo: David, stampatore accorto e generoso, e Lucien, poeta ingenuo e oltremodo ambizioso. Quest’ultimo, con la sua affettazione, riesce a farsi introdurre dapprima nell’alta società cittadina e, poi, in quella “famelica” di Parigi.
La parte centrale dell’opera è occupata da “Un grande uomo di provincia a Parigi”: gli ideali di Lucien si scontrano con la ferocia della società capitalistica parigina, in cui i più alti valori morali sono sacrificati al dio denaro e al potere. Particolarmente spietate, e purtroppo attuali, sono le pagine in cui Balzac descrive la mercificazione della cultura e della politica e la piaga di un giornalismo assoggettato al miglior offerente: “Non crediate che il mondo politico sia molto migliore di questo mondo letterario: tutto in questi due ambienti è corruzione, e ognuno diventa o corruttore o corrotto”.
Si giunge, così, a “Le sofferenze dell’inventore”, terza parte del romanzo, in cui tutto sembra perduto per Lucien. Ma, ancora una volta, fa la sua apparizione il diabolico Vautrin, celato dietro le vesti di un prete spagnolo, che compra l’anima del giovane in cambio di false promesse.
Dunque, romanzo monumentale e complesso, “Illusioni perdute” è solo apparentemente lontano dal nostro tempo. Di certo, il mondo raccontato da Balzac non esiste più, ma cosa c’è di più attuale di un’illusione che si infrange contro le inesorabili dinamiche sociali? Tralasciando la descrizione -puntuale e impietosa- dell’alta società parigina, la condanna del mondo culturale di metà Ottocento e la tematica dello snobismo tanto cara alla letteratura francese, a ben guardare ci sono ancora tanti Lucien de Rubempré in giro per il mondo.
Sono anime un po’ inquiete e alla ricerca di una posizione nel mondo, spesso ben al di sopra delle proprie capacità, che ogni giorno corrono il rischio di cadere nella trappola del malvagio Vautrin di turno.