(di Carmela Moretti)
Non ci sono orpelli nello spettacolo “Elettocardiodramma” di Leonardo Capuano, andato in scena al Teatro Comunale di Modugno domenica 23 febbraio.
Una scenografia inesistente, tutta giocata sul contrasto tra il biancore di un tavolo e l’oscurità di fondo, si accompagna a una storia altrettanto inesistente. Perché al centro della scena deve esserci solo lui, quel balbuziente pazzo e poetico che è l’alter ego dello stesso Capuano e che in poco più di cinquantacinque minuti ora accelera e ora decelera, fino a far venire il fiatone persino negli spettatori. Da qui, il titolo bizzarro del monologo.
“Mentre il protagonista agisce sul palcoscenico, è possibile immaginare un elettrocardiogramma su uno schermo, con picchi e discese”, spiega l’attore-autore dello spettacolo.
Infatti, con addosso un vestito da donna, il personaggio vive un susseguirsi di episodi illogici e deliranti; flash mentali che nascono inaspettatamente e poi cessano d’improvviso, ma che pure contengono una qualche verità sul mondo e sull’uomo come accade spesso in chi farnetica.
“Non so nemmeno io come mi vengono, mi vengono così”, confessa sin da subito il balbuziente. Eppoi dà inizio a un gioco frenetico in cui prendono la parola la madre, il fratello e i parenti tutti, subito seguito da un incontro romantico in cui emerge tutta la poesia di quella creatura.
“Divento vapore, respirami e vengo con te sulla luna. E se ti manco piangi un po’”, sussurra a una donna inesistente.
E ancora, una corsa immaginaria in cui dà voce ai dubbi di ciascuno di noi –“Lo vedi tu il futuro? E se tutto quello a cui crediamo fosse una bugia? Come ti poni davanti all’infinito? Pensi che la normalità sia l’unica condizione ideale?” – che poi lascia il posto a una battuta di caccia per catturare nientemeno che Satana, con la rivelazione di una possibilità mai considerata prima da quella mente ingenua: “E se Satana fosse dentro di voi?”.
Dunque, “Elettrocardiodramma” è uno spettacolo tenero e geniale, che appare come l’apologia di una realtà parallela, quella fatti di sogni, fantasticherie, soliloqui insensati e che pure celano la profondità dell’Io. “La vita mi spaventa, nei sogni invece faccio tutto: guido l’aereo, lavoro ai servizi segreti…ho fatto il barman, il geometra, per un periodo mi sono buttato sull’edilizia, ma poi c’è stata la crisi”, rivela apertamente il protagonista, quasi a metà spettacolo.
Ma a rendere possibile la “meraviglia” di questo monologo è senz’altro il talento indiscusso di Leonardo Capuano, la cui specificità sono i seminari sul lavoro dell’attore e in particolar modo sulla gestualità, che meglio aiuta a scandagliare le contraddizioni dell’animo umano. In questo spettacolo, infatti, egli parla con gli occhi, fa mille facce diverse e usa tutte le potenzialità del suo corpo, al punto tale da far convertire d’un subito negli spettatori la commozione in riso e viceversa.