(di Francessco Monteleone)
Nicola Scardicchio in Italia dovrebbe fare il Ministro della Cultura perché ha vastissime conoscenze trasversali e sensibilità estetica leonardesca, offre ininterrottamente sorrisi in cambio di simpatia, esprime una rara capacità pedagogica e comunicativa ed è molto bello fisicamente. Invece a Bari a malapena lo considerano, soprattutto le ‘cornacchie rosse’ che si sentono coltissime, sfogliando le pagine culturali dei quotidiani alla moda. Intervistarlo è un piacere dello spirito; sfruttando la sua intelligenza è facile togliersi d’impaccio quando ci vengono dubbi su una materia, la musica, che esige studi approfonditi.
Maestro, nella scuola italiana c’è una scarsa o totale assenza dell’insegnamento della musica. Quali sono gli effetti di questa ingiustificabile situazione?
I soliti effetti: l’ignoranza non può che essere causa di arretratezza mentale. Il problema non è educare alla sola musica cosiddetta ‘classica’, che è un termine abbastanza superficiale e limitativo, ma abituare all’ascolto intelligente e competente. Diceva Nino Rota che è meglio una bella canzone di una brutta sinfonia. A questo riconoscere la bellezza di un brano musicale bisogna che siano educati tutti. Poi ognuno decida se ascoltare musiche più o meno impegnative quanto a contenuti ma certamente sempre ‘BELLE’, perché la bellezza non è un concetto edonistico o estetizzante, ma la constatazione di un valore che parla da sé e di sé senza bisogno di istruzioni per l’uso.
Ascoltiamo molta musica leggera perché conosciamo poco gli altri generi più colti?
Non abituati a ragionare ed a riconoscere la bellezza, ci si riduce ad una fruizione passiva e ci si nutre di ciò che capita senza capacità di selezione. Se non si sa distinguere un buon brano musicale da uno scadente, tanto meno si sarà capaci di voler affrontare un repertorio che richiede un po’ di impegno per la maggior quantità di idee presenti. Come pretendere che chi si intasa l’anima con musicacce senza senso e valore possa poi essere in grado di ascoltare un brano in cui ci siano contenuti poetici, filosofici o spirituali impegnativi, se l’impegno all’ascolto attivo non c’è?
“La musica sollecita creatività, immaginazione, sentimento estetico, sviluppa cooperazione e socializzazione” dicono Luigi Berlinguer e Carla Guetti. La musica ha qualche grande difetto che i due appassionati intellettuali hanno dimenticato di elencare?
Se vissuta come coltivazione individuale di un gusto uditivo (parlo per i fruitori e non per i musicisti militanti) che porti ad isolarsi per ascoltare in solitudine, la musica potrebbe stimolare un isolamento da fittizia torre d’avorio: ma accade in casi rarissimi, in cui di solito patologie più generali determinano questa ulteriore incapacità di stare con gli altri. Per i musicisti professionisti il rischio non rarissimo è di esaltare un autoreferenzialismo che può eccitare una forma di mitomania. O anche solo si rischia di vivere l’eccitazione dell’atto musicale, esecutivo o creativo, come una sorta di irrinunciabile droga astratta ed ‘astrattizzante’. Insomma di vivere in una realtà da carillon vagamente idiota: capita talvolta di vedere colleghi che vivono il mestiere della musica come una missione messianica che francamente è una mistica superfetazione vetero-romantica.
A che età si deve insegnare la musica?
Presto: quando si impara a leggere, scrivere e far di conto. La scrittura musicale cesserebbe di apparire come una crittografia iniziatica e classista. Una volta presa confidenza con il sistema di notazione musicale la voglia di ascoltare coscientemente sarebbe una conseguenza naturale.
Nella scuola italiana la musica è considerata elemento di distrazione o divertimento. Perché?
Perché purtroppo la lezione di Benedetto Croce, con la divisione settaria tra intellettuali teorici e pratici, concezione aberrante e miope, ha indotto i delinquenti che spessissimo hanno complottato ministerialmente contro ogni criterio scolastico di programmi e finalità, a sottovalutare l’educazione degli studenti: poca importanza si è sempre data perfino alla bistrattata ed oggi ancor più sminuita Storia dell’Arte, da sempre considerata quasi come materia secondaria ed in tal senso affiancata all’Educazione Fisica ed alla Religione. Sorte peggiore è capitata alla musica, col risultato che il paese definito per antonomasia la culla delle Arti (musica inclusa) è quella dove meno se ne abbia cultura solida.
Una materia si impara più facilmente, con emozioni e soddisfazioni. Lei è un pedagogo amatissimo dai discepoli. Come riesce a trasmettere tanta gioia, anche in tempi così oscuri verso la sua arte?
Non so se davvero io sia capace di tanto, ma certamente cerco di far capire ai miei ragazzi che la cultura in generale ed il lavoro musicale allo stesso modo non sono esercizi di pazienza certosina ma un esercizio di libertà, che solo con la conoscenza si può coltivare ed incentivare…. esattamente come l’ignoranza rende schiavi e facilmente schiavizzabili tutti quelli che non siano abituati ad esercitare la propria personalità confrontandola con quella dei più illustri uomini di cui la storia ci conserva le opere: vediamo fin troppo bene come sia in atto un vero e proprio complotto tutt’altro che casuale, anzi, al contrario, molto ben architettato, che ha decimato intere generazioni a furia di tronisti, grandi fratelli, isole di disgraziati o amici di qualcuno, e soprattutto di indifferenza alla bellezza che, come diceva Platone, è la percepibilità del bene, laicamente inteso.
L’arte musicale forma il carattere, promuove la virtù, favorisce l’equilibrio dell’anima; inoltre educa, diverte e ricrea chi è portato naturalmente verso la musica. Ma chi non ha talento per suonare, quanto tempo dovrebbe dedicarle?
La pratica della musica sarebbe l’ideale, ma anche la fruizione esercita l’ascoltatore cosciente alla spontanea assimilazione del bello, dell’armonico, del giusto…. Non ci sono regole: l’importante è sapere che ogni occasione è buona per armonizzare le proprie sensazioni con quelle suscitate dalla buona musica.
È vero che cantare, suonare, ascoltare musica migliora il rendimento nell’apprendimento delle altre materie?
Solitamente l’ascoltatore consapevole è fisiologicamente esercitato ad una mobilità agilissima a livello sinaptico, che esalta le capacità cognitive, dato che il linguaggio musicale è tra i più complessi per elementi agenti ed effetti immediati.
La musica è un’arte ‘donnesca e molle’…così hanno pensato molti cervelli fini, compreso Francesco De Sanctis. La musica è sessuata? E non sono ‘uomini’ la stragrande maggioranza dei musicisti più famosi?
A Francesco De Sanctis chiederei quanto di molle e donnesco (ma quando mai molle e donnesco sono sempre sinonimi?) trovi nelle canzoni dei soldati al fronte o nelle marce militari o nella musica di Bach o Beethoven…. No comment…certe volte anche i grandi si avvalgono della facoltà di dire idiozie, abusandone.
La musica, come tutte le cose che producono effetti concreti, non è sessuata nel senso di maschile o femminile. Al contrario, proprio in quanto arte creativa, sia a livello compositivo che a livello interpretativo, la musica è ermafrodita, poiché ad ogni impulso attivo originario deve unirsi immediatamente ed automaticamente la capacità di gestazione. Nessun Seme produce frutto alcuno se non è inserito in un ambiente in cui si sviluppi. E questo richiede nei musicisti una grande sensibilità che non tema mai di far vivere allo stesso livello attitudini impulsive virili con attitudini sviluppatrici femminili. In poche e semplici parole non basta avere un’idea più o meno valida e poetica. Bisogna sapere cosa farne. Un bel motivetto può venire anche ad uno sotto la doccia: comporre vuol dire sviluppare quella cellula elementare e trarne un organismo completo ed intelligente. Questo vale anche per un’idea interpretativa che alla propria convinzione dell’aver intuito un valore espressivo da evidenziare nel brano da eseguire, ne deve far seguire lo sviluppo con la dimostrazione nella viva materia musicale, della sua logicità e solidità lessicale e stilistica.
Quanto alla quasi totale presenza maschile nel campo della creazione musicale (tra gli interpreti la presenza femminile è molto più importante, se non addirittura paritaria, con alcune delle più grandi figure della storia dell’interpretazione musicale di sesso femminile) resto sempre perplesso. Da una parte verrebbe di dire che forse è una predisposizione fisiologica che così si palesa: ma mi pare obiettivamente un argomento poco e per niente plausibile. Si potrebbe poi pensare che la stigmatizzazione negativa delle donne da parte del cristianesimo paolino abbia penalizzato e messo in stand by alcune potenzialità femminili. O anche si potrebbe ritenere che forse la capacità materna di procreare soddisfi pienamente lo stimolo creativo nelle donne, già più che soddisfatte dell’essere autrici del miracolo della vita (ma allora l’ermafroditismo dove va a finire? E senza un padre come la donna potrebbe concepire?). Resta il fatto, forse un mistero…o forse la trasformazione della figura femminile nella società contemporanea potrebbe generare dei cambiamenti interessanti. Si vedrà. Purché non si tratti dell’offensiva – per tutti, e soprattutto per le donne – assurdità delle quote rosa!