(di Nicola Di Ceglie)
Cari compagni,
uno spettro si aggira per la Puglia: lo spettro si chiama T.A.P., un brutto acronimo che significa Trans Adriatic Pipeline, cioè la multinazionale che sta realizzando un gasdotto che trasporterà energia dall’Azerbaijan fino a casa nostra. Il problema è che quel gas ci arriverà dal mare e noi, grazie a Dio, abbiamo una costa che è, senza soluzione di continuità, tra le più belle al mondo. (E chi dice il contrario peste lo colga). Perciò, nel realizzare il progetto, bisogna scegliere un approdo per il gasdotto che non faccia danni ambientali e che non spaventi i turisti con i suoi profili minacciosi. Io, sinceramente, non conosco bene che cosa gli ingegneri della TAP vogliono costruire per farci arrivare il gas: sicuramente saranno grosse tubazioni, depositi, mezzi antiincendio, zone di sicurezza, centrali di controllo, sorveglianza, ecc. Insomma tanta roba ingombrante e a basso contenuto estetico.
Ebbene, i geniali supertecnici hanno scelto la zona di San Foca e sicuramente non dovevano avere le valvole ben funzionanti quando hanno optato per questa soluzione. La marina di Melendugno e tutto il litorale fino a Otranto contengono gioielli marini che la natura ci ha dato in comodato d’uso, con l’obbligo morale di conservarli e preservarli dal male.
Il gas è certamente preferibile al carbone e alle centrali nucleari, ma mica per risparmiare qualcosa sulla bolletta energetica dobbiamo compromettere il paesaggio, come abbiamo fatto a Taranto.
L’alternativa a questo stupro ambientale è la riconversione della centrale di Cerano da carbone a gas facendo arrivare il gasdotto in questo sito.
E io sono incazzato a doppio perché ho un pesante conflitto di interessi: le mie vacanze ‘proletarie’ (casetta in affitto, ciabatte, giornali e dieta mediterranea) le trascorro proprio a San Foca. L’idea di vedere la pipeline in una delle spiaggette che più amo mi fa diventare un turista insurrezionalista; questa estate sarò ‘NO TAV’ e ‘NO TAP’.
Inoltre voglio sinceramente complimentarmi con l’arcivescovo di Lecce monsignor Domenico D’Ambrosio che, con grande tempestività, si è opposto alla immorale politica di marketing avviata dalla multinazionale del gas. Come sapete la TAP, per rafforzare il consenso verso il proprio brand (così si dice) ha deciso di stanziare 350 mila euro in favore delle sagre e delle feste patronali in tutto il Salento. Il primo risultato è stato che sulle luminarie di Scorrano in onore di Santa Domenica era comparso l’orrido marchio TAP, come si fa con le magliette dei calciatori. Diamine! È vero che una delle leggi della pubblicità ordina ai creativi di inventarsi l’impossibile: ‘O stupisci o perisci’ (‘Either you astonish or you perish’), ma il sentimento religioso non deve essere sponsorizzabile. Gentili amministratori della TAP, invece di conquistarvi la simpatia popolare spendendo una percentuale minatissima dei vostri guadagni con queste basse manovre commerciali, investite i vostri denari per progettare una soluzione tecnologica che non deturpi il nostro meraviglioso litorale. I pugliesi ci tengono alla propria terra. E lasciate stare i santi!