Si presenta abbigliata e truccata in rosa, il colore dell’innocenza nelle fiabe. Una giovane donna, rovinata dallo stupro, si è trasfigurata in principessa; una scelta ragionevole, a misura di bambina. Solamente con la fantasia ella riesce a governare un corpo staccato dalla mente, che non avrà più redenzione. Come previdenza alla limitata felicità futura, il personaggio visualizza l’arrivo del principe azzurro, ma quella realtà virtuale è, in realtà, la pantomima tragica di un’anima toccata e violata.
Sulla ribalta, Daniela Baldassarra è sempre un angelo in collera, eppure il suo sentimento di giustizia si esprime sempre, in attacco o in difesa, in due mosse gioiose: un’eccellente distruzione di tutto ciò che è ‘maschifo’; la libera dissacrazione per tutto ciò che è ‘femminifinto’. Noi del pubblico, defluorati dall’artista altamurana, siamo nuovamente educati a divertirci tragicamente in un spettacolo comico che ha la struttura di un processo morale alla coppia, con l’effetto finale di una purga, liberatoria di tutta la merda che producono i rapporti di coppia.
Daniela la fà da maestra sia nel riconoscere la stupidità maschile: “L’Uomo, involuzione della scimmia, discende dall’Opossum…” sia verso l’eterno femmineo che subisce un prepotente ribaltamento di valori: “Mia madre ha avuto il potere di farmi precipitare con due parole…”
Con sarcasmo, mimica e pause che si consentiva solamente Franca Rame, ella distrugge favole, film, archetipi come “Il bel tenebroso”, la linea, l’orgasmo femminile, il matrimonio, l’intimità igienica (esilarante la descrizione del cesso “sul quale siamo brutti, tutti, allo stesso modo”). Le signore in sala si scompisciano di risate alle sue battute, perché si identificano nel personaggio. (Poche relazioni sussisterebbero se gli uomini sapessero ciò che le donne si dicono, in loro assenza). La Baldassarra non ha ancora letto un rigo di Luce Irigaray, ma sembra voler mettere in scena molti degli assiomi scritta dalla grandissima filosofa femminista belga: “Si è pensato l’universale come uno, a partire da uno. Ma questo uno non esiste” “La natura non è una, la realtà è due. Il naturale è costituito almeno da due. Maschile e femminile. Due che non sono né metà, né complementari, né opposti”.
“La principessa scalza” non è un monologo nichilista, ma una spinta poetica verso la vita. Daniela ci avverte che dipendiamo dagli altri, però bisogna cercare di dare importanza a ciò che si ha; e soprattutto non teorizza la singletudine emotiva, perché il risentimento, in amore, è un atto autodistruttivo.
Lo affermiamo un’altra volta: La Baldassarra ha un livello nazionale e germina titoli da non perdere. La sua scrittura teatrale è figlia mulatta della letteratura, le parodie letterarie sono fulminanti, le definizioni o ironiche o icastiche:
“La bellezza è rischiosa. La bruttezza è un investimento sicuro che non ti toglie nessuno”.
“L’orgasmo simultaneo è fantascienza”.
“I 3 tipi di uomo che affrontano la ‘posizione del missionario’ sono: il riflessivo, il mitragliatore, l’alpinista…”
L’angelo in collera è partita tardi per il traguardo del successo, ma arriverà prima, perché non commette due volte lo stesso errore; impara facendo (come dicono gli economisti (learning by doing). Ogni suo spettacolo è un passo avanti, diverso, sorprendente, divertente; non c’è mai carenza di messaggi. Questa volta ne abbiamo annotati 3:
“Tutti i principi delle favole sono babbei”
“Vivere con un uomo non vale la sua pena”
“Dove finisce la favola inizia la vita. Per una donna lo stupro prevede la morte o l’illusione di essere ancora una principessa”.
Poi è finito l’inchiostro, mentre stava recitando la battuta più bella, sul ‘neurone solitario…’