IO CHE AMO SOLO TE

di Francesco Monteleone

di Francesco Monteleone

Regia di Marco Ponti, Italia, 2015

Non credo che sia mai nato a Polignano a Mare il figlio di un ricco proprietario terriero che dopo essersi spupazzato mezzo paese (“Scagliusi si sposa, tanto vale farci tutte suore”) il giorno delle nozze nota un persistente succhiotto sul collo della sua sposa e invece di rinfacciare le corna con una scenata magistrale tipo quella di “Storie pazzesche”, la compatisce e alimenta un languido finale con dolci parole.
Non credo che un ragazzino abbia rapporti omosessuali continui con un uomo maturo del quale non sa nemmeno il nome e quando lo ritrova con la moglie in una sala ricevimenti si offre di nuovo in un cesso, gemendo a voce alta e senza nessuna cautela, con suo padre che non è molto lontano.
Non credo che sia corretto far parlare un intero cast con un linguaggio ridicolo, che è l’avanzo insistente e uggioso di quello inventato da Lino Banfi, Maurizio Micheli, Gianni Ciardo, Riccardo Cucciolla, Massimo Montanaro, Mariolina De Fano ecc.
Questo film che sta facendo gonfiare i botteghini è la cartina al tornasole di quanto si è inacidito il gusto cinematografico degli italiani.
In quale festival potrà vincere un premio questa storiella?
Perché si finanziano con denaro pubblico cose del genere? Forse perché è ambientato a Polignano? E quando arriveranno comitive di turisti per rivedere i luoghi nei quali Michele Placido e Maria Pia Calzone (Mimì e Ninella) pur giurandosi eterno amore hanno dovuto separarsi? Oppure gli entusiasti cinefili vorranno visitare la sala-ricevimenti con cantante leccese al service musicale che per un matrimonio tanto costoso non ha cucinato niente agli invitati? Sarebbe meglio curiosare nella torre di avvistamento dei saraceni dove Scamarcio finalmente si accompagna clandestinamente a una cameriera coi capelli color rosso-orgasmo che in 2 minuti lo porta al culmine del piacere.
Perché Laura Chiatti che è nata a Castiglione del Lago sul Trasimeno parla con una cadenza dialettale che nemmeno Caterina Sylos Labini strascinava così, ai tempi d’oro del “Mambo del taratuffo”? Se Carmela Vincenti dicesse Dio bono, che fè? Adè ‘n parli?  Cosa penserebbero i perugini?
Ebbene tutte queste illazioni non servono a niente. Marco Ponti ha intuito un soggetto vincente, l’affluenza del pubblico al suo film ne è la conferma. Le scene di matrimonio nella Terronia sono un piccolo filone aureo che sarà sfruttato da altri registi di commedie.
Il vero protagonista di IO CHE AMO SOLO TE è Michele Placido che dopo aver fatto due figli con una donna mai amata, alla vecchiaia si aznavourizza e destabilizza il nido coniugale cercando un’avventura extra. Dino Abbrescia (troppo ingrassato ultimamente) è costretto a fare pure lui il ‘pugliesoide’. La Lizzitetto è costretta fa fare la zia racchia, Scamarcio è costretto a fare se stesso. A noi ci rimane che in amore ognuno ha i propri segreti, che l’amore non è solamente etero, che una vedova piacente a digiuno è un archetipo erotico insuperabile.
… Io ho avuto solo te
e non ti perderò,
non ti lascerò
per cercare nuove avventure.
La promessa di Sergio Endrigo di questi tempi fa ridere uomini e donne. Immaginiamo la continua di questo film: Riccardo Scamarcio, dopo aver ripreso regolarmente gli amplessi con la rassodante commara sarà scoperto da moglie incinta e suocera e dovrà cantare come Gianni Morandi…ritornerò in ginocchio da te.

Buona visione.

Francesco Monteleone