(di Francesco Monteleone)
Quando e perché desideriamo regalare un romanzo ad una persona che ci è particolarmente cara? Io penso, quando la storia appena letta ci appare ingioiellata da emozioni rare, parole spiritose, idee giuste e soprattutto inzeppata di avventure che noi stessi vorremmo rivivere al posto dei personaggi narrati. Molto spesso accade che, giunti a metà libro, ci assegniamo senza più modestia la parte del protagonista; sappiamo bene che l’autore, pur picchiando l’eroe o l’eroina con estenuanti vicissitudini, in verità li sta delineando come protetti da tutte le virtù. E noi, prendendo i panni di un personaggio invincibile ci illudiamo di affrontare meglio i pericoli veri della nostra vita. Ebbene, dopo aver avidamente consumato i 16 capitoli de “IL TREDICESIMO PAPIRO”, il settimo giorno siamo rimasti a slumacare su un foglio di carta tutta la nostra antipatia verso i personaggi ‘cattivi’ e la grande tenerezza verso ‘i buoni’, senza saper scegliere tra questi ultimi una figura nella quale identificarci. Vito Antonio Loprieno (che dopo una perfusione lessicale è diventato ‘Tonino’) con grande abilità narrativa ha creato nel suo terzo romanzo una serie di tipi, ognuno corrispondente a un autentico valore morale. Ragion per cui l’identificazione in uno di loro è problematica. Nel ‘Tredicesimo papiro’ Il coraggio, la cultura, la solidarietà, la libertà, l’amore si chiamano Michele, Gerolamo, Leone, Melo, Anna. Essi sono tutti degni della più grande ammirazione, pur essendo frutti dell’immaginazione. Ma questo romanzo non è stato scritto da uno scrittore buono di cuore che vuole consolarci. Dentro ci sono anche i peccatori, i traditori, gli usurpatori e serve la seconda lettura per scattivare, definitivamente, le parti guaste.
E ora proviamo a dire qualcosa di più penetrante sul libro, senza fare il solito riassunto della trama. Iniziamo con un Achtung! Chi sta leggendo questa recensione si prepari a misurare, severamente, la propria conoscenza storica del medioevo pugliese. Siamo nel 1002 d.c. Bari è capitale del Tema della Longobardia. (Prima domanda: sapete cos’è il ‘Tema’?) La città è presidiata dai bizantini. Il potere massimo è nelle mani del catapano. (Seconda domanda: sorvolando sui bizantini, chi era il catapano?) Gli abitanti sono circa ventimila, la maggior parte pescatori, commercianti, militari. Le donne non hanno nessuna tutela di genere: servono alla riproduzione, sono ornamentali, subiscono rapimenti per divertimento, durante le guerre sono il bottino preferito dei predatori. A Bari, in illo tempore, il culto dominante è il cristianesimo, ma ci sono anche ebraisti, armeni, ortodossi. L’islamismo è una minaccia, fuori delle mura. La fine del primo millennio è passata da due anni e, meno male, non c’è stata la catastrofe, né il Giudizio Universale. Ma l’inizio del secondo millennio è tormentato da guerre continue. Ebbene, in questo quadro storico veritiero, un giorno di maggio del 1002 d.c., senza nessun preavviso, la città viene messa sotto assedio dai saraceni. Durante il micidiale assedio, dentro e fuori le mura si sviluppano una serie di episodi che fanno consumare le pagine come fossero ciliegie di maggio o fioroni di luglio. (Terza domanda non tanto scontata: cosa sapete dei saraceni?) Quanto tempo Bari potrà resistere? Si salverà?
Gentili lettori, se vi affligge la lacunosa conoscenza dell’infuocato XI° secolo, applicatevi a questo romanzo ‘tremendamente’ avvincente; lo scrittore vi mette sott’occhi una serie di fatti in esclusiva che altrimenti dovreste riscoprire con sudatissimi studi universitari. A pensarci bene gli assedi delle città generano, da sempre fantastiche situazioni drammaturgiche. Pensate a Stalingrado, Siviglia o la mitica Troia che ha favorito la scrittura dell’Iliade. Sì, lo sappiamo, stiamo esagerando, ma lo facciamo per divertimento. Tonino non è Omero. Fa il dirigente sindacalista della CGIL, dunque ogni giorno deve avanzare nel fango delle vertenze lavorative, faticosamente, come un capitano di fanteria. Ebbene, quando il tenace combattente può finalmente togliersi gli scarponi, invece di addormentarsi davanti alla tv, impugna la stilografica e per dare un senso più completo alla sua esperienza di vita, trova pace nella letteratura. Precisiamo: L’assedio di Bari fu di seconda battuta. I greci coinvolti non si chiamavano Achille, Agamennone ecc., ma ‘Niceta Amerusa’, ‘Gregorio Tarchaneiotes’. Il dramma collettivo fu meno epico di quelli citati in precedenza. Eppure quante lotte, violenze, vendette, dolori, speranze si concretizzarono in quelle estreme ed interminabili settimane!
Bene, non possiamo servirvi oltremodo. Questo poche righe sono un invito alla lettura, non il riassunto per evitare il doveroso acquisto del libro. Loprieno merita due voti in più in pagella: svelandoci un angolo di storia rimasto sempre al buio ci rende meno sciocchi verso il nostro passato. Inoltre, genera un salvifico sentimento di ribellione contro la guerra e le sue brutture. La penna inizia a scricchiolare per la stanchezza. Vi abbiamo indicato qualche ingresso, ma ora dovete accedere con le vostre gambe in questa opera. Vi siete accorti che non vi abbiamo aperto il portone centrale? che non vi abbiamo detto nulla sul misterioso titolo? In verità, nel Tredicesimo papiro, c’è un giovane novizio benedettino, che in mezzo a tanto trambusto, ritrova una cassa piena di manoscritti. Li salva, come fa Guglielmo da Baskerville in un’altra storia, e cede alla tentazione di scoprire quali verità sono sepolte in essi. Ebbene, se amate sbrecciare i muri del mistero, fatevi il segno della croce e leggete attentamente, molto attentamente…