Il Saint Nicolas di Liegi ha due occhioni ridenti dietro lenti piccole e tonde. Passeggia cheto per il “Village di Noël”, in place Saint Lambert, regalando deliziose caramelle ad adulti e piccini e prestandosi a ogni sorta di scherzo: un bambino giocherella col suo bastone pastorale, un altro gli tira giù la barba, i più timidi chiedono una foto e poi corrono a nascondersi dietro il paltò del papà.
Qualche giorno fa, trepidante, mi sono avvicinata anch’io e con un francese maldestro l’ho esortato a recitare bene la sua parte, giacché io vivo a pochi chilometri dalla città di San Nicola e non avrei ammesso errori da parte sua. In pochi secondi, un guizzo di luce ha illuminato il suo volto e, in un italiano goffo ma comprensibilissimo, mi ha spiazzato del tutto: “Bari! Io ci vengo ogni anno per la festa di San Nicola. Dal 7 all’11 maggio sono sempre lì”.
Ha cominciato, quindi, a parlarmi della storia del santo e della festa barese, della basilica e del centro studi nicolaiani, tenendomi la mano per tutto il tempo. Sembrava non volesse lasciare andar via quell’inatteso dono di baresità che gli stavo facendo (nell’accento, nell’atteggiamento…chissà!).
Io mi sono sentita come coloro che pensano di tendere un’imboscata, ma rimangono fregati: il San Nicola di Liegi ne sapeva cento volte più di me su Bari e il suo patrono. Ho cominciato ad arrossire e mi sono raggomitolata, fino a scomparire pian piano tra la folla.
Sono riuscita, però, a cogliere le sue ultime parole, nonostante il vocio dei bambini gioiosi e le canzoni natalizie di Bublé in sottofondo: “Porta tanti saluti a Bari e a tutti i baresi da parte mia!”