Di Thomas Lilti. Con François Cluzet e Marianne Denicourt
Una vita dedicata agli altri per cercare di rimediare alle storture della natura: è questa la missione del dottor Jean-Pierre Werner nel film “Il medico di campagna”.
Interpretato dall’amatissimo attore francese François Cluzet, il medico dell’ultimo lavoro di Thomas Lilti è operativo di giorno e di notte nel paesino in cui esercita la delicata professione. S’inerpica per le stradine di campagna, cura con amorevole attenzione i pazienti più anziani e soli, è amico e confidente di tutti, insomma è un’autorità al pari del sindaco. Anche quando un tumore al cervello dovrebbe costringerlo a letto, Jean-Pierre Werner è renitente nell’affidare i pazienti alla tenace Nathalie – ex infermiera e neo-medico – per senso di responsabilità e dedizione alla professione.
Il film di Lilti procede con lentezza, nella routine quotidiana, lasciando sullo sfondo avvenimenti e azioni. In primo piano, al contrario, trovano spazio le frasi non dette, i silenzi più loquaci di mille parole, gli sguardi e i sorrisi complici. È un’indagine delicatissima sul rapporto medico-paziente, ma anche sull’amicizia piena di riserbo tra maestro e allieva, sul microcosmo rappresentato da un paesino di provincia.
Non ha convinto tutti questa attesissima opera. Io, personalmente, mi sono commossa. Mi ha ricordato un’altra storia che ho avuto modo di ascoltare tempo fa, quella di Giacomo Pantaleo, medico condotto nel mio paese, Mariotto, dal 1932 al 1959. Ancora oggi gli anziani lo portano nel cuore e raccontano che il dottor Pantaleo si svegliava presto la mattina per recarsi spontaneamente a far visita ai suoi ammalati. Il pomeriggio, quando arrivava nel paese una copia della Gazzetta, la leggeva ad alta voce per alcuni contadini analfabeti. Anche la morte lo colse mentre era a lavoro: una sera di marzo, l’instancabile dottore venne chiamato al capezzale di un suo ammalato, ma giunto sul luogo si sentì venir meno. Il paziente si alzò dal letto per cedere gentilmente il posto al suo medico, che alcuni istanti dopo spirò per un infarto.
Questo è stato il film di Lilti per me, dunque: il ritratto di una professione durissima, che esisteva ed esiste ancora sotto gli occhi di tutti nei posti più disagiati. Vale a dire, quelli in cui non ci sono strumenti medici all’avanguardia, dove i punti di primo intervento si trovano magari a chilometri di distanza e la gente ha bisogno di sentirsi rassicurata e amata dalla presenza di un solerte medico-amico. Nella letteratura, anche Franz Kafka e Honoré de Balzac avevano colto, a loro modo, tutta la straordinarietà di questa figura.