di Colin Trevorrow. Con Chris Pratt, Vincent D’Onofrio, Bryce Dallas Howard, Judy Greer, Nick Robinson.
Chi crede di riprovare con “Jurassic World” le stesse emozioni che il capostipite della saga sa donare ancora oggi, farebbe bene a risparmiare i soldi del cinema.
Ciò che Steven Spielberg riuscì a ideare ventidue anni fa, sconvolgendo ed entusiasmando il pubblico, è irripetibile nonostante l’affinamento delle tecniche digitali e l’ausilio di un accattivante 3D. Quelle vallate distese, con scorrerie di dinosauri immersi nella luce del sole, incantano anche lo spettatore più smaliziato di oggi.
Ciononostante, il quarto capitolo della serie non delude e lo dimostra il boom di incassi ai botteghini: una buona dose di suspense e l’accoppiata vincente Chris Pratt e Bryce Dallas Howard, rispettivamente nei panni di un ricercatore sul comportamento dei velociraptor e manager del parco, riescono a offrire qualche brivido di paura e ad appassionare soprattutto i più piccoli (preparatevi a ritrovarvi, come vicini di posto, bambini che fanno cric-croc con la bocca stracolma di patatine).
Difetta, invece, la sceneggiatura, che in più punti sembra ricordare ‘troppo’ il primo film. Come se Colin Trevorrow avesse sentito su di sé tutto peso di un produttore esecutivo un po’ ingombrante (vale a dire, lo stesso Spielberg), senza riuscire a dar libero sfogo alla sua creatività.
Siamo di nuovo a Isla Nublar. Dopo il fallimento del primo parco, di cui non restano altro che locali dismessi e attrezzature impolverate, il ricchissimo Simon Masrani è riuscito finalmente a mettere su un progetto che attiri ogni anno milioni di spettatori. Le attrazioni vengono concepite in provetta: animali sempre più grandi e sempre più paurosi, come richiede lo stesso proprietario, sostenuto dalla manager Claire Dearing. Con una miscela molto particolare di specie diverse, i ricercatori hanno creato l’Indominus Rex. Una creatura pericolosa, che a un certo punto utilizzerà tutte le sue potenzialità per ritorcersi contro il suo stesso creatore: l’uomo.
Dunque, il film torna a proporre in chiave cinematografica una riflessione sul conflitto insoluto tra scienza e natura. “La mancanza di umiltà di fronte alla natura che si dimostra qui mi sconvolge”, aveva dichiarato, alquanto spaventato, l’eccentrico Ian Malcolm dinanzi alla vista del primo parco.
Ora, anche su Jurassic World s’abbatte la furia distruttiva dei dinosauri, con conseguenze ancora più deleterie per milioni di visitatori. Perché, come ci insegna la mitologia greca (ma anche il Frankenstein di Mary Shelley), quando l’uomo si ostina a valicare le “colonne d’Ercole” dell’ecosistema Terra, viene amaramente punito.