IL CINEMA RIPASSATO IN PROSA

(di Francesco Monteleone)

Step_Up_All_In_posterSTEP UP: ALL IN – regia di Trish Sie. Con Ryan Guzman, Briana Evigan, Izabella Miko, Alyson Stoner, Adam G. Sevani, USA 2014.

Iniziamo dall’anno scorso: “Step up revolution” ci sembrò un virile capolavoro, una serie di coreografie coraggiose e invincibili che trasformavano la danza in una guerra fatta senz’armi. La crew ‘The Mob’, capeggiata da Sean (Ryan Guzman) si opponeva ad uno speculatore edilizio che voleva lottizzare un quartiere popolare di Miami.“Dobbiamo fermarlo! Basta con l’arte per pura esibizione, dobbiamo protestare! Non siamo in vendita. Possiamo cambiarle le cose!” dicevano i ballerini che lottarono fino alla vittoria finale, ottenuta con un’indimenticabile esibizione corale che ci aveva lasciati a bocca aperta. Quest’anno la storia è più blanda. Sean rimane solo a Los Angeles; il suo gruppo si scioglie per mancanza di lavoro e i ballerini ritornano a Miami. Sean non cede allo sconforto: seleziona un altro ottimo gruppo di danzatori e partecipa a un concorso televisivo organizzato da una tv di Las Vegas. Il risultato finale è prevedibile, dopo tutte le difficoltà sceneggiate per creare suspense. Questo ‘Step up’ ha coreografie meno fantasiose e meno spettacolari di ‘Revolution’, eccetto quella finale che però vale tutto il costo del biglietto. I campioni ballano all’interno delle scenografie dei casinò che sicuramente hanno finanziato una parte delle riprese. Le immagini sono più coltivate, ma noi preferiamo i ragazzi che ballano per ribellarsi, non quelli che si allisciano per i soldi e il successo. Briana Evigan, co-protagonista di Sean, è meno seducente di Kathryn McCormick, quella Emily che ci fece patire dal desiderio. Questo cinema è di un genere altamente spettacolare. Le riprese televisive sono fantastiche, i ragazzi si muovono, travolgendoci nei loro vortici sensoriali. Non ci sono scene sanguinolente, veder ballare ci riconcilia con la vita.

 

under-the-skin.27563UNDER THE SKIN – regia di Jonathan Glazer. Con Scarlett Johansson. USA, Gran Bretagna 2013.

Gli spettatori più delusi (soprattutto le donne) all’uscita dicevano che è orribile, oscuro, penoso. Forse questo film di fantascemenza è semplicemente noioso, perché non ha né fantasia né scienza. Un’aliena richiamata in terra da uno spericolato motociclista prende il corpo di una bonazza. Grazie alla libido caratteristica dei ceti più bassi del popolo scozzese ella incontra uomini e, senza nessuna ragione, morale se ne libera. Dopo 90 minuti di ripetitive scene di falso erotismo, un camionista tenta uno stupro che finisce in fumo…e finisce pure il film. Scarlett è ingrassata sui fianchi, assomiglia a una figura di Rubens. I suoi nudi sono particolarmente piacevoli da contemplare, ma non bastano a integrare una recitazione piatta e senza emozioni. Questo è uno dei tipici film sui quali i critici a pagamento, inventando puttanate pazzesche, finiscono col dimostrare che è un capolavoro. In realtà nella memoria degli appassionati di fantascienza cinematografica l’opera di Glazer conterà quanto un 2 di bastoni quando la napoletana è a coppe. 

 

pazza-idea-xeniaPAZZA IDEA (Titolo originale ‘Xenia’). Regia di Panos H. Koutras. Con Kostas Nikouli, Nikos Gelia, Aggelos Papadimitriou, Romanna Lobats – Grecia, Francia, Belgio, 2014.

La tendenza a cambiare i titoli originali dei film produce sempre equivoci, almeno in Italia. Questa volta una generosissima parola greca è stata sostituita da una famosa canzone di Patty Pravo, che però non è mai ostentata nella riposante opera di Koutras. (Però la mitica regina del Piper di Roma c’entra molto in questo racconto che ha una buona dote di materia morale). Due ragazzi albanesi, un gay sedicenne e suo fratello diciottenne decidono di ritrovare il padre che li ha abbandonati da piccoli, scappando via per sempre. Il viaggio di ricerca inizia in una Grecia afflosciata dalla crisi, nella quale prevale un miserabile razzismo verso stranieri e omosessuali. Il film è pieno di generosità e birbanteria, con tanti richiami classici: Atene è la citta che ha inventato l’ostracismo, cioè la cacciata dei cittadini ritenuti pericolosi. Oggi sono gli stranieri e i ‘diversi’ a patire quel bando severo. Il fratello maggiore si chiama ‘Odysseas’; assomiglia a un moderno Ulisse che affronta tante peripezie per ricongiungersi alla parentela. E così altro ancora. Infine, la nostra Patty Pravo è una presenza rassicurante. I due ragazzini cantavano la meravigliosa Tutt’al più ed è proprio la melodia di quel culto assoluto che fa sviluppare la parte più ludica e ironica del film. La rincorsa di Dany e Odysseas è lunga, forse un po’ troppo, ma il sapore che lascia nella mente è quello di una parabola pagana con al centro una dea bionda, amabile, altezzosa: Patty Pravo, per l’appunto.

Francesco Monteleone