Negli ultimi tempi quasi tutti i tifosi biancorossi volevano che capitasse qualcosa di brutto a Giancaspro. Maledizioni, sentenze, insulti… si faceva a gara a produrli. A parole nessuno voleva la fine della squadra, non considerando che se fosse caduto il generale sarebbe stata la fine per tutti. E così è stato.
Il presidente del Bari era rimasto più solo della solitudine. Un poco se l’era cercata, non dicendo tutta la verità, rifiutando qualche saggio consulente che potesse aiutarlo a pensare in maniera autolesionistica. E ora bisogna pregare non si sa chi, per essere salvati dallo sprofondare nei gironi infernali della serie D.
Forse è meglio non dimenticare che negli ultimi anni la Bari ha ricevuto parecchi tradimenti: Ci sono stati quelli che con essa si sono arricchiti e gli opportunisti che hanno fatto carriere sportive e politiche altrove. Ci sono quelli che si sono venduti le partite e tanti che hanno ricattato per ottenere profitti personali. Ci sono quelli che sorridevano di giorno e pugnalavano di notte. Altri che indossavano maglia e sciarpa in video e si mettevano a predicare eresie. E poi i raccomandati, gli avari, i ruffiani, i vigliacchi, gli scrocconi, i violenti, gli sporcaccioni e quelli che gli stava bene così, perché dal piccolo orticello campavano pure loro. Il fallimento c’è stato perché le forze del male hanno prevalso sulle forze del Bene che avevano rinunciato all’unità.
Una squadra dignitosa del calcio italiano è stata uccisa, ma pochi piangono per davvero. Bisognerebbe portare il lutto a lungo, come facevano i nostri nonni, perché la morte è un evento tragico e meditare a lungo sul dolore che essa provoca può salvare il corpo e l’anima dei superstiti. Invece la sensazione è che i cittadini vogliano liberarsi subito del cadavere in casa, convinti che il corpo stia per resuscitare.
Per il figlio di Dio ci son voluti 3 giorni, per la Bari ci vorranno 3 campionati, ma il miracolo non è sicuro.