(di Mariella Forleo)
Combattere il tragico e preoccupante fenomeno della violenza di genere, che troppo spesso degenera nel femminicidio, mantenendo alta e viva l’attenzione sulle troppe vittime di una strage insopportabile in una società civile, è l’obiettivo della campagna di sensibilizzazione “Posto Occupato”,ideata da Maria Andaloro, editore della rivista online “La grande Testata”. La mobilitazione è partita dall’Anfiteatro di Rometta (Messina), il 29 giugno di quest’anno, dove è stato riservato un posto in prima fila a una donna che non potrà occuparlo mai più, perché uccisa barbaramente da un uomo violento, da un marito possessivo, da un fidanzato geloso o da un compagno prepotente e oppressivo.
L’idea di riservare una poltrona vuota, occupata da un paio di scarpe, una borsa, un mazzo di chiavi, uno scialle o un qualsiasi oggetto che possa testimoniare l’appartenenza a una donna è il mezzo con cui si vuole simboleggiare un’assenza che avrebbe dovuto essere presenza; un posto occupato che, in realtà, rimarrà tragicamente vuoto. Alla base di questa intelligente e incisiva iniziativa c’è la necessità di mettere in luce la straordinaria emergenza sociale della violenza sulle donne, puntando un faro di luce indignata su tutti quei soggetti che usano rapportarsi violentemente nel rapporto di coppia e in famiglia, inducendo chiunque si trovi davanti a quella sedia irreparabilmente vuota a una profonda e seria riflessione. Posto Occupato diventa quindi un dirompente grido di dolore, di indignazione e di condanna, il cui impatto visivo tocca profondamente la coscienza di una società sessista, culturalmente retrograda e diventa un impegno reale per affrontare alla radice il drammatico fenomeno della violenza omicida di genere. In brevissimo tempo, Posto Occupato ha raggiunto dimensioni straordinarie, ricevendo adesioni in ogni angolo d’Italia e persino all’estero, dove molte testate internazionali, tra cui l’Huffington Post di New York, le hanno riservato intere pagine di supporto e condivisione. Moltissime sono le istituzioni, le associazioni, le organizzazioni e i servizi pubblici che hanno accolto l’invito a riservare un posto in memoria di tutte le donne ammazzate che non hanno più un posto nel mondo e tantissime le adesioni personali e istituzionali, visibili sul sito postoccupato.org, online dal mese di agosto. Posto Occupato è un’idea contagiosa che si rivolge a tutti, perché tutti noi abbiamo uno strumento inesauribile e rivoluzionario: il passaparola, attraverso il quale possiamo contribuire a far conoscere il fenomeno, provocando un inversione culturale, utile a contrastare la mentalità prevaricatrice dell’uomo sulla donna.
Perché la violenza fisica, verbale e psicologica appartiene a tutte le classi sociali; perché chi ammazza la propria donna non è un pazzo asociale, ma qualcuno che ci vive accanto; perché tutti possiamo avere un fratello, un padre, un figlio, un vicino di casa, un amico, un collega che si rapporta in modo violento alla propria compagna; perché tutti abbiamo il dovere di denunciare e di incoraggiare la denuncia; perché non è sufficiente il supporto delle forze dell’ordine; perché i centri antiviolenza e le strutture di sostegno alle donne vittime di violenza non funzionano se le donne non denunciano; perché l’inasprimento delle norme penali non basta per sconfiggere il fenomeno; perché la cultura è l’unico mezzo che crea una coscienza che dà dignità agli esseri umani, perché la cultura si può cambiare se cambiamo noi;
perché la violenza non deve essere un fatto privato; perché la violenza va isolata e combattuta, perché il femminicidio è un atto brutale e vergognoso che mette in evidenza l’incapacità della società di tutelare la libertà e l’indipendenza della donna; perché la prepotenza, l’abuso, la possessività non sono manifestazioni naturali e istintive dell’amore; perché è necessario chiedere scusa a tutte le donne che non siamo stati in grado di aiutare; perché le troppe parole, a volte distorte da un’errata e superficiale comunicazione scandalistica, peggiorano la situazione, ma soprattutto perché tutti noi possiamo aiutare le vittime di violenza a non sentirsi tremendamente sole.