Fabio Zuffanti ha già oltre vent’anni di carriera alle sue spalle. Uno degli artisti più eclettici (scrive anche libri) e prolifici del panorama musicale italiano, che vanta una quarantina di dischi all’attivo, tra progetti da solista e collaborazioni con vari gruppi, come i Finisterre, gli Hostsonate, La Maschera di cera, Aries, Rohmer, L’Ombra della sera, laZona e R.U.G.H.E.
A Fasano Jazz si è presentato con la ZBand composta da Martin Grice (storico elemento dei Delirium) al flauto e al sax, Simone Amodeo alla chitarra, Paolo “Paolo” Tixi alla batteria e Giovanni Pastorino alle tastiere. Musicisti bravissimi e solidi come rocce.
Uno spettacolo, dal titolo “Il mondo che era mio…live”, che rappresenta una sorta di carrellata della sua lunga carriera, vissuta in giro per l’Italia ma soprattutto all’estero, dove il nostro eclettico bassista è molto conosciuto e apprezzato, diventando uno degli elementi di spicco della “nuova corrente progressiva” made in Italy.
Tra i brani proposti, alcuni appartengono alla collaborazione, mai conclusa, con i Finisterre, come “In Limine” tratto dall’album omonimo; l’affascinante “Orizzonte degli eventi”, sempre tratta dallo stesso lavoro e “Ode al mare” tratta da “La meccanica naturale”, ipnotica ed emotivamente trascinante.
Alcuni pezzi, invece, composti con gli Hostsonaten, come il brano strumentale d’apertura “Prologue” tratto da “The rime of ancient mariner” un concept-disc pieno di atmosfere fiabesche, oppure il mash-up di “Nightswan 2” e “Outside” tratti rispettivamente da “Autumnsymphony” e da “Winterthrough.
Spazio anche al progetto intitolato L’Ombra della Sera che pescava le colonne sonore degli sceneggiati in bianco e nero della Rai degli anni ’70, e le proponeva con nuovi arrangiamenti. Un esempio evidente e trascinante è stato “La traccia verde”, dall’omonimo sceneggiato, una poderosa summa di prog, jazz, funky e rock tutta condensata in pochissimi minuti. Indimenticabili.
Non poteva mancare l’ultima produzione di Zuffanti, “La quarta vittima” pubblicato alla fine dello scorso anno. Un lavoro che si contraddistingue per i testi, essenziali ed ermetici. Cinque i pezzi proposti: oltre a quello che dà il titolo al disco, “Non posso parlare più forte”, “La certezza impossibile”, “L’interno di un volto” e “Una sera d’inverno”.
Il bis concesso è stato “un gioco”. E che gioco! Un medley omaggio a tre band che hanno lasciato il segno: “Jesahel” dei Delirium, “Locomotive breath” degli Jethro Tull e “Rhayader goes to town” dei Camel.