Nei giorni scorsi Fabio Genovesi è ritornato in Puglia per un breve tour di presentazione del suo ultimo, fortunato romanzo, dal titolo “Chi manda le onde”. Il quarantenne autore di Forte dei Marmi, è entrato nella cinquina finale del Premio Strega 2015 e si è aggiudicato lo Strega Giovani. Amante del mare, ha potuto gustare anche il nostro splendido litorale, in cerca di un posto che possa ispirarlo nel completare il suo prossimo lavoro. Fabio Genovesi è una persona solare, brillante e immediata. Disponibile e senza “puzza sotto il naso”. Prima di incontrare i ragazzi del liceo scientifico “da Vinci” di Fasano, ospite nell’ambito del ricco programma della Festa dei lettori organizzata dal locale Presidio del Libro, lo abbiamo avvicinato per una breve ma intensa chiacchierata sulla scrittura e sulla lettura.
Il tuo romanzo pullula di personaggi bislacchi, una sorta di moderna “Armata Brancaleone” che ruota intorno ad una perdita. Qual è stato il personaggio più difficile da scrivere?
«Il più difficile all’inizio è stato proprio Luna, che è forse la protagonista assoluta tra i vari protagonisti. Perché è l’unica che parla in prima persona e poi perché è stato complicato scrivere per un uomo di quarant’anni come me, con la voce di una ragazzina di tredici e per giunta albina, con una storia familiare diversa dalla mia. È stato il personaggio che, quando mi sono messo a scrivere, mi ha fatto più paura. Eppure sapevo che sarebbe stata centrale e quindi ho scritto subito di lei perché mi dicevo che se non trovavo la sua voce giusta, in realtà non avrei potuto scrivere il mio libro. Semplicemente. E invece, alla fine, Luna è stata quella che ho sentito meglio ed è quella che poi ho lasciato parlare in prima persona ed è stata più fluida rispetto agli altri. A me piace far parlare un personaggio con la sua voce e ascoltare i suoi pensieri, magari anche in terza persona. Il lettore però conosce solo quello che il personaggio sa, lo segue dalla sua prospettiva»
Recentemente hai vinto il Premio Strega Giovani, quindi sei stato votato da una giuria composta di soli ragazzi. Qual è stato l’elemento del tuo romanzo che li ha conquistati tanto?
«Secondo me una cosa molto pratica innanzitutto: a me piace raccontare romanzi con una storia. Oggi sembra una stranezza ma dovrebbe essere un’ovvietà. Quando mi chiedono quali scrittori mi hanno ispirato, rispondo che sì ce ne sono, ma soprattutto mi hanno ispirato i grandi raccontatori orali del mio paese, quei signori anziani che raccontavano storie meravigliose. La tradizione orale è quella che poi ha fatto nascere i libri. Io quindi cerco sempre di avere una storia da raccontare e di raccontarla nel modo migliore, stilisticamente e con una costruzione, però ci deve essere una storia».
Quindi il contenuto oltre che il contenitore?
«Certo. Molti scrittori scrivono bene ma ti capita di confessare “peccato che non abbia niente da raccontare”. I ragazzi di questa cosa si accorgono subito, non hanno filtri: non leggono libri perché sono obbligati, ma perché li devono appassionare. Va detto che una storia non deve essere studiata per appassionare e incollare i lettori con dei “mezzucci”, perché il lettore è molto più intelligente dell’autore, spesso se ne accorge subito. Deve essere quindi una storia sincera, forte e che lo faccia entrare all’interno della stessa: mi sembra una cosa giustissima questa e più sana da fare per uno scrittore. Non è un caso che dopo di me, allo Strega Giovani, si sono classificati al secondo posto un mio caro amico Zerocalcare e al terso la Ferrante. Altre due storie profonde, scritte bene e accattivanti».