Un commento, in apparenza innocuo, scatena l’universo della follia e il castello fatto di certezze, benessere economico e una serena vita sentimentale, all’improvviso crolla. Questa è in estrema sintesi la trama di “Uno, nessuno e centomila”, il superbo romanzo scritto da Luigi Pirandello nel 1926, adattato e diretto per il teatro dalla brava Alessandra Pizzi e che vede nei difficili panni del protagonista Vitangelo Moscarda, l’attore palermitano Enrico Lo Verso, che ritorna a calcare le scene dopo oltre dieci anni.
La vita normale e tranquilla del banchiere Vitangelo Moscarda, soprannominato Gengè, è sconvolta dal banale commento che un giorno sua moglie Dida fa circa il suo naso, che pare penda da un lato. Sotto i piedi dell’uomo si spalanca così un baratro: la consapevolezza di apparire agli altri diverso da come lui si vede. Comincia così il cambiamento: trovare la migliore proiezione di sé che corrisponda al suo vero io, un “nessuno” che si spacca inevitabilmente in altri centomila, tutti possibili e reali. Un cambiamento che lo farà sembrare pazzo agli occhi di tutti e di sua moglie in primis, che sembra tenere di più alla sua eredità. Sarà un prelato, monsignor Partanna, a consigliargli di abbandonare tutte le sue ricchezze, così come prima di lui aveva fatto San Francesco. Mendicante e solo, Gengè riuscirà a congiungersi con la natura e con la sua identità vera.
Un’analisi spietata e grottesca dell’umanità, metafora attualissima e universale, che ci porta a comprendere che alla fine siamo tutti «figli del caos». Un adattamento formidabile, complice anche la scenografia spoglia e minimalista: intenso e viscerale, il monologo è una lunga “voce di dentro” carica di lucida follia. L’interpretazione di Lo Verso (che si moltiplica a dar voce a molti personaggi) è magnetica ed emozionale. Lo spettacolo è in giro per la Puglia ed è imperdibile.