«Esiste una serie di motivazioni, che ci appartengono, che riguardano solo noi e che ci spingono a partire senza voltarci indietro. Allo stesso modo esiste una varietà altrettanto grande di motivazioni che ci spingono a tornare. Ed è così che dopo tutti questi anni, ho preso la decisione di tornare sui miei passi, intraprendere il viaggio per annunciare la mia morte; annunciarla di persona e magari dare agli altri e a me stesso l’illusione di essere fino alla fine padrone della mia vita».
Comincia con queste parole recitate da una voce fuori campo, “È solo la fine del mondo” di Xavier Dolan, tratto da una commedia di Jean-Luc Lagarce – cui il film è dedicato – drammaturgo francese morto di aids nel 1995, meritatissimo “Gran premio della giuria” all’ultima edizione del festival di Cannes, e vincitore di 3 Cesar (regia, attore e montaggio).
Un film doloroso, di una bellezza avvolgente e devastante. La voce è quella del protagonista, Louis (Gaspard Ulliel, affascinante e stupefacente nella recitazione fatta di sole espressioni), celebre drammaturgo, che torna a casa – dopo dodici anni e con un carico di paure – per annunciare la ferale notizia: sta per morire. Come dirlo alla sua famiglia? E soprattutto, ne sarà capace?
Un’estenuante lotta contro il tempo, per respirare ogni singolo momento, per divorare con gli occhi ogni piccolo dettaglio – oggetti, luoghi e persone, e qui va rilevata la splendida fotografia – prima che tutto abbia fine. E una lotta – combattuta con tormentati silenzi – contro i membri della propria famiglia. Bastano poche sequenze per capire chi abbiamo di fronte: il nevrotico fratello Antoine (Vincent Cassel) cui lo lega un rapporto eternamente conflittuale; la moglie di quest’ultimo (bellissima e perfetta Marion Cotillard), mai conosciuta; l’esuberante madre Martine (immensa Nathalie Baye) cui lo lega un sentimento dolcissimo e profondo e la complicata e ribelle sorella (Léa Seydoux). Tutto ruota intorno alla figura di Louis, atteso troppo a lungo da tutti e che finirà per scatenare un piccolo inferno domestico: litigi, risentimenti e lacrime amare. Una fine del mondo che però sarà solo rimandata, perché come sussurra in una delle ultime scene la madre: «ci prepareremo meglio la prossima». Un film fatto di sguardi dolorosi e silenzi che uccidono, in cui emerge prepotente la regia impeccabile e tutta l’arte e la genialità del cineasta canadese. Da non perdere.