Un connubio originale e seducente quello proposto dal Duo Folksongs composto dalla meravigliosa voce da mezzosoprano di Tiziana Portoghese e dai raffinati virtuosismi della fisarmonica di Francesco Palazzo. Un concept disc divenuto uno spettacolo di successo esportato in tutto il globo.
Un lungo e appassionante viaggio attraverso la musica popolare mondiale. Da quella spagnola (“Cultivo una rosa blanca”, “Canzonetta Spagnuola” e “El Vito”) a quella Yiddish (“Margaritkelech”), da quella russa (“Tilim Bom”, “Gusi liebiedi” e “Scripi noga”) a quella italiana (“Fa la nana”), da quella greca (“Ta Petalakia” e “Yo diki mou paploma”) a quella irlandese (“The pretty girl milking her cow”), da quella portoghese (“Modinha”) a quella svedese (“Liten Karin”), da quella balcanica (“Romanò Bravalipè”) a quella francese (“A la claire Fontaine”), da quella coreana (“Ariang”) a quella gipsy (“Ederlezi”), da quella argentina (“Milonga de la Annunciation”) fino all’inedito “A sunny day”.
Brani che hanno in comune il sapore della tradizione, imprescindibile “culla d’origine” per tutti i generi musicali. Melodie ancestrali sottolineate dal fuoco della passione dei tasti della fisarmonica di Francesco e dai gorgheggi cristallini di Tiziana, che si diverte ad interpretare con la mimica facciale e con la gestualità del corpo, oltre a tenere il ritmo con alcuni curiosi strumenti acustici (su tutti un bastone della pioggia). Insomma, uno spettacolo unico e assolutamente godibile.
Francesco, come mai, pochissime tappe in Italia per il vostro viaggio musicale?
«Noi abbiamo già in programma diverse cose italiane, nel disco abbiamo inserito “Fa la nana”, e nei concerti “Era de maggio”. Ma abbiamo fatto alcune canzoni anni trenta italiane. È pur vero che il rischio è quello di “cadere nella trappola” della canzone napoletana; ma non nascondo che ci stiamo pensando effettivamente, magari rivisitata in una chiave diversa, armonicamente e stilisticamente parlando. Tra l’altro io ho lavorato su pezzi del settecento: alcune tarantelle del Gargano e pezzi salentini di tradizione borbonica. La canzone italiana nel secondo disco avrà più spazio. Essendo partiti da un’idea classica di rielaborazione delle folksongs, sulla falsa riga di Berio o di altri musicisti del novecento, abbiamo cercato di sdoganare un po’ la musica popolare, evitando la tarantella o la pizzica. Siamo andati volutamente oltre confine, facendo uno sforzo di ricerca per presentare un repertorio inedito. Quando ci esibiamo all’estero, curiosamente, accade esattamente il contrario: ci chiedono di focalizzarci più sulla tradizione italiana».
Il vostro progetto “a due” ricorda, per alcuni versi, quello di Petra Magoni e Ferruccio Spinetti. Ricerca storica e reinterpretazione. Come si è svolta la scelta dei vari pezzi che compongono il vostro cd?
«Nel nostro primo disco i brani sono stati scelti selezionando tra circa tre ore di brani del nostro repertorio. Molte cose sono anche originali, appositamente scritte per noi. Questo disco è nato anche per dare una nuova letteratura per la fisarmonica e voce nella musica da camera, che risulta totalmente inesistente. Abbiamo voluto dare un’idea generale delle possibilità espressive del duo e del nostro repertorio, passando dalla musica dell’ottocento a quella più moderna come “El grito”, includendo poi pezzi fortemente etnici per arrivare ad un brano prettamente pop, come “A sunny day”. Tutto questo per dimostrare la maggior duttilità espressiva del nostro duo. Insomma, il primo disco è sempre un biglietto da visita».
Il viaggio continua? E in che direzione?
«Nel nostro prossimo lavoro, che uscirà presto in quanto siamo già ad un buon punto di ricerca e degli arrangiamenti, inseriremo più brani della tradizione italiana e probabilmente ci apriremo anche a nuovi stili, come il jazz e il tango. Le possibilità di sviluppo sono tante perché le direzioni che si possono intraprendere sono tante. E questo dipenderà molto dalla nostra attività concertistica e dal target del nostro pubblico. Sicuramente la direzione preferita dei prossimi dischi sarà quella della ricerca e della musica colta; oppure quella di approfondire maggiormente la tradizione folklorica ed etnica, con un taglio più pop, strizzando un occhio al commerciale, anche se la nostra musica non lo sarà mai. Cercheremo un compromesso tra ricerca, rielaborazione e musiche nuove: in archivio abbiamo decine di pezzi provenienti dalla Svizzera, Finlandia e America, che vanno filtrati e inseriti in un contesto omogeneo. Il progetto è work in progress, il disco uscirà tar fine anno e inizi del 2016 e sarà sicuramente più etnico».