Ragazzi che lasciano il posto dove sono nati in cerca di “un altrove”. Dalla povera Africa alle coste Italiane, dall’Italia in Europa e nel mondo. È anche questo l’effetto della globalizzazione. Dopo l’economia, la cultura e il costume, anche la crisi d’identità è diventata “globale”. Si parte per cercare se stessi e per riflettere, per fare esperienze nuove e, magari, trovare un lavoro.
Davide Calì è un giovane fasanese, che, subito dopo aver pubblicato il suo primo romanzo “Come un foglio nell’acqua”, ha deciso di intraprendere un lungo viaggio. Destinazione Australia. Sacco in spalla, il ventiquattrenne è partito una mattina di fine ottobre. A distanza di tempo, ci piaceva l’idea di sentirlo, di ascoltarlo e di catturare le sue “prime emozioni”: quello che vede, che sente e che pensa quando si guarda intorno, quando cammina per le strade di luoghi nuovi, oppure seduto su una poltrona sgangherata di un ostello sperduto.
«È un’esperienza meravigliosa. Incontri così tanti ragazzi, giovani, pieni di sorrisi, che per un motivo o per un altro, hanno lasciato la loro casa e la loro famiglia e i loro amici, e sono venuti qui, per viaggiare, per conoscere, per provare. Perché è questo che si fa ogni giorno, si prova. Si prova a cercare lavoro, a conoscere nuove persone, a sentirsi diversi, a perdersi per chi non sa cosa significa trovarsi o a trovarsi per chi non vuole perdersi. Si prova. Perché l’Australia te lo permette. Ti permette di prendere un lavoro e lasciarlo dopo due giorni perché non ti piace, perché puoi trovarne un altro, uno migliore. Ti permette, con qualsiasi lavoro, di guadagnare abbastanza da permetterti un appartamento modesto, o un alloggio in un ostello. Di uscire e divertirti, di andare a ballare, di fare una passeggiata in qualche meraviglioso parco, di cucinare un po’ di carne su qualche barbecue pubblico, o guardare un film all’aperto in modo gratuito. Ti permette di sederti e pensare: pensare che dopotutto qui si può vivere, si può essere felici senza troppe preoccupazioni (nonostante l’altissimo costo della vita), tasse, o giudizi».
Ma l’Australia è un paese complesso, e Davide sta imparando a conoscerlo più da vicino. «Questo è un paese che ha le sue regole e le fa rispettare con rigore. Qui non si sbaglia, se sbagli paghi, non ci sono sconti, non ci sono rinvii, riti infiniti, barzellette giudiziarie. Questo lo respiri, lo senti che è un paese che non ammette scherzi. Ho amici che hanno passato una notte in carcere e hanno ricevuto una multa di 3000 dollari solo per avere usato un estintore all’interno di un edificio abbandonato»
Eppure la terra dei canguri, con i suoi spazi immensi significa anche e soprattutto libertà. «Qui puoi essere libero, trovare un lavoro, mettere su famiglia, divertirti e goderti la tua vita. Sì, qui puoi, se è questo che vuoi. Però l’Australia è anche superficialità, per via dei suoi stessi pregi, per via della facilità con cui puoi fare tutte queste cose, o forse per via dell’assenza di una vera cultura, o della leggerezza con cui si consumano le serate».
Ma cosa faranno queste persone quando torneranno nei loro Paesi? A cosa gli sarà servita questa esperienza? «Ecco, per ognuno di noi il viaggio ha il proprio significato, ma io sono del parere che se viaggiare non ti ha cambiato allora non hai mai davvero viaggiato. Personalmente, ho appreso e rafforzato il mio obbiettivo. Mi sento invincibile, non perché sia immortale, fortunatamente morirò, ed è proprio da questo concetto che traggo la mia forza. Grazie a questa meravigliosa comprensione e consapevolezza riesco a vivere il mio presente nel modo in cui io desidero, poiché è l’unico tempo che posso afferrare e cambiare, e sul quale posso agire e decidere. I problemi sono per me soluzioni, cambi di programma, possibilità».
Gli chiediamo quando ha cominciato a capire la vita, e lui candidamente ci risponde: «quando ho iniziato a decidere. Quando ho preferito sbagliare piuttosto che aspettare. Adesso conosco la mia strada, so dove voglio andare e so che ci arriverò. La strada sembra lunga solo se guardi troppo lontano, perché per fare mille passi devi essere disposto a farne uno. Due. Tre».
Buon continuazione di viaggio, allora, Davide. E buona vita.