(di Francesco Monteleone)
Regia di Jean-Marc Vallée, 117 min. – USA, 2013.
Quando un regista cinematografico (di valore) narra una storia reale fa anche un poco di filosofia. Perché contempla il passato, rende esplicita una verità dimenticata, lavora di immaginazione e soffermandosi su ogni singolo passaggio ‘pensa alla moviola’, al rallentatore, proprio come fanno i filosofi. Jean-Marc Vallée ha del metodo nella sua arte e non rinunciamo a dirgli che è un artista moralmente a posto. L’ottimo regista ha individuato in Texas una vicenda esemplare e dopo avercela fatta rivivere con tutti i suoi dilemmi, ci costringe nel finale a una presa di posizione. Ma proviamo a spiegare qualcosa in più, senza svelare l’intreccio. Ron Woodroof (Matthew McConaughey) un cowboy esperto di rodei, ma arretrato ideologicamente ai piaceri di sesso, scommesse e cocaina, riceve un atroce pronostico su se stesso. Ha contratto l’HIV e la morte si è insaccata nei suoi organi. Gli rimane da vivere un foglio di calendario. La collera rabbiosa e violenta contro i medici e le preghiere a Dio non servono, per cavarsela. Non esistono farmaci miracolosi contro un virus tanto letale; la cura prescritta dal sistema sanitario funzionerebbe come un colpo di accetta per potare la rosa. Ron deve reagire e lo fa cercando un protocollo più breve e più integro di quello offerto dalla corrotta industria farmaceutica. Questo film è intenso, chiaro, non sgualcito da ipocrisie, soprattutto perché svela la dialettica fra ricerca scientifica, malattia e profitto. I personaggi, tesi da una sorprendente energia morale, scontano la punizione biologica, ma a testa alta. Il cowboy Ron Woodroof, all’inizio stupidamente omofobo, dissoluto e autodistruttivo, scopre la bellezza delle diversità estetiche e la forza della disciplina spirituale. Rayon, il gay interpretato con un’astratta e perfetta perfezione da Jared Leto, è una femmina virile e dignitosa che commuove in ogni scena. L’attore ha la bellezza della madonna costretta ad adattarsi nel corpo del Cristo deposto dalla croce. La dottoressa Eve Saks (Jennifer Garner) con la giusta compassione verso i sofferenti, è altrettanto positiva. Di fronte alle miserabili richieste degli avidi superiori, Eve ci dona la fede nella libertà. DALLAS BUYERS CLUB è un atto di ribellione contro l’ignoranza e la desolazione morale americana. È un manifesto di lotta e d’amore, esaltato dal ribelle dottor Vass (Griffin Dunne) che sa sconfiggere il male utilizzando la forza delle farfalle. Tutte le cose sono a posto: Rock Hudson (nonostante ‘Intrigo internazionale’) si conferma un’ironica icona omosex. Il rodeo è ancora lo spettacolo di tutti gli americani che si sentono tori. L’ AZT è la formula chimica dell’indecenza, dato che la vita si protegge meglio con vitamine, zinco e acidi essenziali. La battuta più icastica del film? Il rinsavito cowboy Ron costringe un ciolesco suo ex amico a ‘toccare’ il ricchione Rayon, dicendogli: “dagli la mano e torna alla tua vita di merda”. Invece, la scena più dolorosa è interpretata da Jared Leto, che merita di essere sognato. Il gay dà l’addio al suo stupido padre, consolandolo: “Dio ti sta aiutando…ho l’AIDS”. Cari amici, se qui non sono state dette falsità, non lasciate la sala senza aver applaudito a questa opera. Dimostrerete lo stesso coraggio di un cowboy di Dallas che riuscì nuovamente a cavalcare un toro per più di 8 secondi, contro ogni previsione.