(di Francesco Monteleone)
Il tema del convegno organizzato dalla SLC della Basilicata si è rivelato da subito un grido di guerra per tutti gli ospiti che vi hanno partecipato con passione e sentimento. Non è più sopportabile la leggerezza con la quale le persone in malafede considerano gli artisti come personalità astratte che inseguono il ‘bello’ per vocazione, alle quali non è necessario riconoscere diritti, assistenza e dignità lavorativa. Per colpa di questo pregiudizio migliaia di musicisti, attori, poeti, filosofi conducono in Italia una vita precaria e non hanno salario e welfare per vivere una vita degna. Matera è una città antichissima, misteriosa, profonda come poche al mondo ed è candidata ad essere Capitale della Cultura nel 2019. Essa si è dimostrata il posto più adatto per rimettere insieme tutte le forze sindacali e intellettuali che vogliono realizzare una necessaria rivoluzione morale: chi in società sceglie di produrre i beni immateriali della cultura non deve aver paura della miseria e dell’abbandono, come è capitato ad Alda Merini, Enzo Del Re e tanti altri maestri.
Prima del dibattito gli organizzatori hanno voluto dar spazio a due notevoli interpretazioni attoriali. Davide Guglielmi ha recitato una poesia di Alessandro Manzoni, ‘Marzo 1821’ facendo echeggiare nella modulazione di quei versi troppo liceali, tutto il proprio risentimento di attore italiano tradito dalla propria patria. Subito dopo l’attrice Antonella Genga ha miniato con tragica espressività l’ultima lettera di Gabriella Cipriani, la giovane musicista morta in un incidente stradale alle porte di Matera, mentre andava a suonare per 50 euro. Le commoventi parole scritte in forma privata dalla violinista ad una sua amica si sono rivelate una potente profezia sulla sua vita risultata gracile e corta.
La relazione di Anna Russelli, segretaria generale SLC CGIL Basilicata ha misurato con attiva precisione la condizione attuale degli artisti nel sud Italia: i sussidi di disoccupazione sono insufficienti, c’è moltissimo lavoro nero e una insopportabile deregulation normativa crea frustrazione e abbandono. Gli indicatori formali illustrati dalla Russelli non sono neutri. Dietro ogni numero c’è una dolorosa ‘perdita di sé’ che il sindacato vuol arginare o evitare.
Salvatore Adduce, sindaco di Matera si è presentato come battistrada per le prossime riforme che renderanno più favorevoli le attività culturali nella sua città. Nei piani del sindaco c’è l’istituzione di un ufficio pubblico che si occupi specificamente di sgusciare la creatività da quegli involucri burocratici che la fanno ammuffire.
Maria Giaquinto, voce solista dei Radicanto, attrice con titoli e dirigente sindacale, ha illuminato con un monologo scritto allo specchio la dannosa condizione di tutte le donne che salgono sul palcoscenico sapendo che non possono ammalarsi, che devono lavorare fino alla morte, che sono accusate di svagarsi inseguendo la notorietà, senza poter pretendere la giusta paga per i propri sacrifici.
Marcello Pittella, Presidente della Regione Basilicata ha promesso per luglio una legge quadro sullo spettacolo dal vivo che dovrà ‘irrobustire la cultura’ e ha chiesto agli amministratori che spendono denari pubblici di recuperare la responsabilità e la consapevolezza di tutto ciò che è utilmente creativo.
Salvatore Labriola, dirigente leccese SLC, ha suggerito di consorziare le regioni meridionali per captare i fondi europei.
Giuseppe Ranoia, cantante lirico di Montalbano, ha spinto gli artisti ad abbandonare la solitudine competitiva “2 artisti bravi trovano sempre posto sulla scena”
Nicola Affatato, dirigente sindacale pugliese, ha voluto parlare per citazioni, leggendo alcuni brevi passi del vivissimo saggio di Nuccio ordine “L’utilità dell’inutile” pubblicato quest’anno da Bompiani e ha ricordato la semplice sostanzialità di Giuseppe di Vittorio che con i primi soldi comprò un vocabolario, perché un nuovo linguaggio nuovo crea uomini mai esistiti prima.
Carmelo Grassi, in rappresentanza dell’AGIS nazionale, ha rivolto il suo primo pensiero alle orchestre provinciali che ora rischiano di sparire, poi ha spiegato che il FUS nel 1985 era di mille miliardi e oggi è un decimo di quella dignitosa cifra. Con il suo solito pragmatismo l’instancabile presidente del Teatro Pubblico Pugliese ha chiesto alla CGIL di sviluppare insieme la lotta per esonerare i fondi destinati alla cultura dal patto di Stabilità, di combattere il lavoro sommerso e di immaginare un progetto salvifico per le piccole imprese dello spettacolo.
Emanuela Bizi, della CGIL nazionale, ha consumato parecchio inchiostro per appuntare le analisi emerse in assemblea e non le è stato facile rispondere sinteticamente: La cultura ha un valore anticiclico e perfino in Italia essa esporta più della metalmeccanica. Nella scuola bisogna fissare l’insegnamento serio, chiaro e distinto della Musica e del Teatro, per creare nuove artisti, nuove maestranze e nuovo pubblico. Inoltre va riformata radicalmente l’ex ENPALS che dà miserrimi benefici previdenziali e se possibile bisognerebbe esortare il primo ministro Renzi a delegare alla gestione della Cultura una persona realmente efficace, come è stato il leccese Bray, per troppo poco tempo. Gli interventi degli ospiti giunti dalla Calabria e dalla Sicilia si sono distinti per ironia e pathos. Nelle due regioni c’è bisogno di rielaborare concettualmente il lavoro dell’artista, superando i fenomeni di omologazione mafiosa e gli abusi di potere dei politici ignoranti. (Dalla Campania c’è stata una deludente defezione di rappresentanza). Molto condiviso il pistolotto finale di Alessandro Genovesi, Segretario Generale CGIL Basilicata che si è detto orgoglioso di aver ascoltato tanta acutezza di pensiero. Il corpulento dirigente, che con i suoi modi ricorda la retorica castrista, ha fortemente dileggiato l’insufficiente conoscenza di chiunque osa affermare che dietro gli artisti non c’è lavoro. Molto schematicamente ha suggerito le sue soluzioni per risistemare il frammentato sistema delle arti e della cultura: 1) Bisogna distinguere nettamente fra dilettanti e professionisti 2) Urge concentrare gli investimenti nelle produzioni creative fatte sul territorio e non disperdere soldi in centinaia di sponsorizzazioni folkloristiche. E a chi sfrutta il lavoratore dello spettacolo alimentando le irregolarità, bisogna prenderlo a bastonate. La CGIL, ha concluso Genovesi, deve ridiventare la casa frequentata da tutti. Essa è una proprietà comune fornita di valore e proprio il valore della tessera si deve concretizzare nella simpatia, nella solidarietà, nella crescita culturale condivisa. “Se siamo uniti non ci prendono uno per uno…se rimaniamo separati ci giochiamo la democrazia”.
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