Lo spettacolo andrà in scena in Prima Regionale sabato 23 maggio, alle ore 20,00 e alle ore 22,00, nella sala The empty space, nuovo contenitore culturale a Molfetta (Piazza Efrem).
“Quando meno te l’aspetti succede qualcosa. E allora sei in grado di vedere quello che non riuscivi a vedere prima. A me è successo quando ho letto un testo teatrale di David Harrower, con un titolo misterioso come Coltelli nelle galline. È stato come se il testo mi avesse aspettato”. Con queste parole, il regista e co-direttore artistico del Teatro Litta di Milano, Antonio Syxty, racconta il suo incontro con “KNIVES IN HENS”, il primo testo dell’autore scozzese contemporaneo David Harrower, apprezzato in tutto il mondo per la sua straordinaria capacità di fondere leggerezza e forza espressiva.
Accolto con successo di pubblico e critica fin dal debutto a Edimburgo nel 1995, “Knives in hens” ha vinto nel ’97 a Berlino il premio della critica Theater Heute Best Foreign Play. Rappresentato in Francia, Olanda, Belgio, Scandinavia, Ungheria, Croazia, Serbia, Colombia, Australia e America, ha debuttato in Italia con la traduzione di Alessandra Serra e la regia di Antonio Syxty, grazie alla coproduzione tra il Teatro Litta di Milano e l’associazione molfettese Malalingua.
“È una commedia che oserei definire primitiva e agreste”, continua il regista, “i sentimenti, l’atmosfera, il linguaggio e i personaggi stessi sono primordiali, essenziali, istintivi e più di ogni altra cosa poetici. È un’opera magnifica e poco compiacente”.
La vicenda è ambientata in un tempo e un luogo indefiniti e ruota attorno a tre personaggi: una donna senza nome (interpretata dall’attrice Marianna De Pinto), suo marito stalliere “Pony William” (l’attore è Marco Grossi) e il temuto mugnaio Gilbert (in scena, Giuseppe Pestillo). Lo stalliere trascorre la maggior parte del suo tempo nella stalla, conducendo una vita semplice e bucolica, e tiene la sua giovane moglie in uno stato di apatica ignoranza. Ma la donna ambisce a possedere la Conoscenza e sarà il mugnaio a determinare la sua crescita spirituale, attraverso la scoperta della parola e della scrittura. Tale sconvolgimento porterà la moglie dello stalliere ad elevarsi da uno stato di originaria segregazione a quello di persona consapevole di sé stessa.
“Knives in hens”, dunque, è una favola che mescola poeticità delle immagini e istintività dei personaggi. Il primordiale, che vi è rappresentato, è ben chiaro nel linguaggio scarno, nella scenografia essenziale e negli abiti semplici dei protagonisti, che rimandano lo sguardo del pubblico esclusivamente sul potere immaginifico della parola.