Cominciamo, ancora una volta, con una protesta sulla traduzione insensata di alcuni titoli italiani. Com’è possibile che “Salut, l’artiste” (alla lettera “Ciao, artista) nella nostra Penisola sia diventato “L’idolo della città”? Di quale città si parla, visto che Parigi nel film è appena tratteggiata? No, non riusciamo a rassegnarci a questo titolo da commediola da quattro soldi.
Chiusa parentesi.
Nel ventesimo anniversario della morte di Marcello Mastroianni, vogliamo rispolverare un film che non è passato alla storia del cinema e che nella filmografia dell’attore rappresenta un’opera minore. Ma è così delicato, struggente e a tratti comico, che ve lo consigliamo.
Magari, da guardare in una di quelle serate in cui la pioggia sbatte imperiosa contro le finestre e restare a casa è un piacere dell’anima.
“Salut, l’artiste” è un film francese di Yves Robert, uscito nel 1973. Inizialmente pensato per Yves Montand, il ruolo del protagonista venne affidato a Marcello Mastroianni, che lo interpreta in maniera superlativa. In quegli anni, l’attore italiano viveva a Parigi e non riteneva disdicevole concedersi di tanto in tanto a qualche proposta di secondo piano, come ci ha rivelato l’ultima compagna Anna Maria Tatò.
Mastroianni è Nicolas Montei, un attore secondario che si arrabatta tra particine teatrali, serate di cabaret e doppiaggi di cartoni animati. Con l’amico Clément (Jean Rochefort), corre concitato da un palcoscenico all’altro, con l’obiettivo di sbarcare il lunario.
Questa precarietà professionale fa il paio con una vita privata altrettanto inconcludente. È separato dalla moglie Elisabeth (interpretata dalla bravissima Carla Gravina), da cui di fatto non riesce a separarsi mai, e nel contempo vive una relazione con Peggy (l’altrettanto eccellente Françoise Fabian), a cui non si lega mai del tutto. Come una Madame Bovary al maschile, Nicolas confonde vita e arte, realtà e finzione, e non è chiaro se in cambio gli derivi un senso di frustrazione o se sia a proprio agio dietro la sua maschera.
“Salut, l’artiste”, dunque, omaggia quegli attori che non sono delle star, che restano tutta la vita nell’ombra, che “tappano buchi”, che non firmano decine di autografi al giorno e che nessuno ricorderà dopo la morte.
Tutto il contrario di Marcello, insomma.
Ma è anche un film che prova a scandagliare, con delicatezza, l’animo di un uomo e l’immaturità di certi rapporti umani, accendendo i riflettori sui sentimenti di alienazione e solitudine.
“In fondo, non sei che un personaggio comico”, dice Peggy a Nicolas senza mezzi termini.
E quando sopraggiungono i titoli di coda – complici anche le emozionanti musiche di Vladimir Cosma– nello spettatore resta un nonsoché di amaro.