«Cosa vuoi fare da grande?».
«La ballerina all’Opéra di Parigi».
Nell’Europa del XIX secolo era molto probabile che una ragazzina rispondesse così a proposito del suo futuro. Spesso erano proprio le madri a indirizzare le figlie verso questo tipo carriera. Diventare una danzatrice significava avere successo, ammiratori e ricchi protettori, tutto quello che serviva per emanciparsi da una vita di miseria.
Nella prima metà dell’800, tempio indiscusso della danza è stato il teatro Opéra di Parigi, rimpiazzato da Pietroburgo solo a partire dagli anni Settanta di quel secolo. Esibirsi lì, nella capitale francese, cuore di tutte le mode e gli stili, rappresentava una tappa fondamentale per accedere al pantheon delle celebrità.
È in questo contesto che per decenni ha brillato la figura di una danzatrice italiana, Maria Taglioni, figlia di Filippo Taglioni, anch’egli ballerino di successo e coreografo.
Dopo una lunga e durissima formazione, guidata proprio da suo padre, Maria debuttò all’Opéra nel 1832 ne La Sylphide. É la data che segnò la nascita del balletto romantico, vale a dire di un nuovo modo di danzare fatto di leggerezza e compostezza. La Taglioni volteggiava lesta sulle punte delle sue scarpette come fosse un angelo, muovendosi tra ambientazioni fantasiose, intrighi amorosi e rapimenti Ad avvolgere i suoi fianchi c’era un tulle vaporoso bianco o azzurro chiaro – sul colore le fonti sono discordanti – che rappresentava il primo esemplare di tutù della storia della danza. Con gli anni, il gonnellone andò via via accorciandosi per lasciare sempre più visibile il movimento delle gambe.
Da Parigi a Pietroburgo, poi Milano e Londra: la danzatrice italiana continuò la sua carriera calcando tutti i più grandi palcoscenici d’Europa, e per molto tempo restò un modello insuperabile di tecnica e grazia. Solo l’austriaca Fanny Elssler riuscì a contrapporsi all’eterea e angelica Maria, imponendo però un altro modo di fare danza, più sensuale, travolgente, “sanguigno”.
La Taglioni morì a ottant’anni in totale miseria, ma non riuscì a farsi dimenticare facilmente dai suoi contemporanei. Oggi, invece, in pochi la conoscono. A ricordarcela restano soltanto i due emblemi del balletto classico, il tutù e le scarpette, e questo elogio che si deve allo scrittore e critico letterario francese Théophile Gautier: “M.lle Taglioni non era una danzatrice: era la danza stessa”.