CARO NEMICO TI SCRIVO…

Nicola Di Ceglie

Compagne e compagni,

sapete qual è la notizia più offensiva per un sindacalista impegnato a difendere l’occupazione e il salario dei lavoratori? Leggere che i dirigenti di un’azienda si aumentano gli stipendi e i vitalizi mentre i dipendenti vengono tassati, licenziati e mondati in cassa integrazione.
La Corte dei Conti qualche giorno fa ha reso pubblica la notizia che a Poste Italiane, nel 2013, l’ex numero uno Massimo Sarmi si è fatto liquidare una fuoriuscita con cinque annualità, tra indennizzo e incentivo all’uscita.
Sarmi nel 2013 era il manager di stato più pagato, con uno stipendio lordo di 1,56 milioni (1.185.000 come amministratore delegato e 378mila come direttore generale). E ora fatevi mentalmente la moltiplicazione, non dimenticando che il Ministero dell’Economia, azionista di Poste Italiane, aveva raccomandato al c.d.a. di seguire orientamenti “improntati al massimo rigore”. Infatti Poste Italiane ha versato anche 30mila euro agli avvocati di Sarmi come contributo per le spese legali nella definizione dell’accordo.
È vero che nella vita si nasce ‘uomini o caporali’ e quindi l’uguaglianza sarà sempre un’utopia irrealizzabile, però una società giusta si dà le regole che servono ad eliminare le differenze sociali, le barriere culturali, i privilegi di casta e soprattutto si impegna per realizzare pari opportunità. L’amministratore Francesco Caio, che porterà per conto nostro le Poste Italiane a essere quotate in Borsa, si faccia accompagnare da un filosofo e imponga anche una buona redistribuzione del profitto, oltre che gli incentivi ai dirigenti senza vergogna.
Ma quanto deve essere la differenza di stipendio fra l’ultimo della lista e il capo di una azienda?  Non bisogna fare molte ricerche per avere una risposta sensata. Il più illuminato e amato imprenditore italiano, Adriano Olivetti, aveva una regola morale che se fosse adottata creerebbe un sistema produttivo molto più giusto, equo e solidale:
«Nessun dirigente, neanche il più alto in grado, deve guadagnare più di dieci volte l’ammontare del salario minimo». Povero Olivetti! Se sapesse quanto è costato agli italiani l’addio a Sarmi, Adriano chiederebbe di essere resuscitato per dargli una randellata in testa.
“Il costo del personale dirigente di Poste Italiane”, continua la Corte dei Conti “si attesta a complessivi 150 milioni, in crescita del 12,3% rispetto al trascorso esercizio. Esso costituisce il 2,5% del complessivo costo del lavoro”. Praticamente le lettere sono calate, ma i direttori sono aumentati. Invece sarebbe meglio l’esatto contrario.

Nicola Di Ceglie