Parlare di cinema è esaltante come parlare di calcio. Con il vantaggio che è un piacere bisessuale e non corrotto da squallidi commerci clandestini. Se accettate questa indicazione culturale, avrete una possibilità in più di ozieggiare intelligentemente, senza aver sprecato il vostro tempo libero. Ormai il calcio ci ha stancati oltremisura con i suoi eroi senza gloria che rassodano i muscoli, ma considerano un supplizio la lettura di Dante Alighieri. Invece, sfidarsi ‘a chi più ne sa’ di film ci dà un raffinato piacere mentale, perché ci impegna a difendere le nostre preferenze estetiche, perseguendo uno scopo più nobile del banalissimo goal. Una dimostrazione ottima della suddetta teoria è l’iniziativa “Due o tre cose che so di loro – 7 conversazioni di cinema” organizzata dall’ Apulia Film Commission al cinema ‘Nuovo Splendor’ di Bari e al cinema ‘Bellarmino’ di Taranto, con l’acuta presenza critica di Enrico Magrelli e ospiti vari. (il programma completo si trova nel circuito D’autore).
La prima conversazione tra Magrelli e Luca Bandirali c’è già stata a metà febbraio. Peccato per chi l’ha persa. Il tema inaugurale era ‘PULP FICTION’, il capolavoro di Quentin Tarantino che 20 anni fa funzionò da fantastico scolafritto del genere thriller, liberandolo da tutto il grasso accumulato negli anni ’70 – ’90. I due giornalisti molto accorsati hanno elencato all’ attentissimo pubblico (pagante) molti di quei fatti che influirono nella costruzione del film e che oggi sono utili a riplasmare giudizi e luoghi comuni. Rivediamone qualcuno: Pulp Fiction fu prodotto negli USA, nel 1994. Costò 8 milioni di dollari; 5 milioni furono spesi per il cast. Quentin Tarantino volle una paga uguale per tutto gli interpreti, senza distinzioni di merito e carriera (20 mila dollari la settimana). Pulp Fiction è il film indipendente che ha incassato di più al mondo. Il soggetto fu scritto dal regista quando aveva compiuto 30 anni, in un claustrofobico appartamento di Amsterdam. Quentin non era un intellettuale (gestiva un cineclub ai tempi del vhs), ma vedendo centinaia di opere disponeva di una sovrabbondante memoria cinematografica. Tutte le sue idee le annotò in un quaderno. Quel testo, strapieno di errori e quasi incomprensibile alla lettura, fu consegnato allo sceneggiatore Roger Avary che lavorò pazientemente come un carpentiere, incastrando i vari pezzi sfusi in una struttura narrativa che si rivelò solidissima e originalissima. Pulp Fiction è diventata un’opera popolare, che tutti pensano di aver visto, anche se spesso non è vero. È un capolavoro del quale si trovano centinaia di schede tecniche in ogni angolo della rete. Le qualità è inutile elencarle ancora: vinse un unico Oscar per la miglior sceneggiatura, fece ricomparire un attore finito nel sottosuolo (Travolta) e sempre ci fa inchinare di fronte alla bravura di Uma Thurman giovanissima (che non voleva farlo), di Samuel L. Jackson, Tim Roth, Amanda Plummer “Coniglietta”, Bruce Willis, Harvey Keitel, Christopher Walken e tanti altri fuoriclasse.
Il giornalista Luca Bandirali ha saputo anatomizzare il film, dando un referto sorprendente. Nella pancia diPulp Fiction ci sono ‘12 citazioni dirette’ di altri film (che non sono poche). Si ritrovano i famosi ‘Dialoghi a mitraglia’ che non sono una tecnica usata dai vendifrottole, ma una specificità del cinema americano (un esempio classico è visibile ne ‘La signora del venerdì’ con Cary Grant). C’è un lunghissimo piano di ascolto di Bruce Willis, ispirato da una voce fuoricampo, che sfida tutte le regole della grammatica visiva. Molte scene sono inquadrate dal basso per far vedere il soffitto, come usava fare Orson Welles per dimostrare che girava in ambienti reali. La colonna sonora è composta da 23 tracce musicali scelte dallo stesso Tarantino, senza un nesso storicistico.
Inoltre da Enrico Magrelli si sono guadagnate altre curiosità: per esempio che Tarantino è tanto vorace di cibo che spazzola via tutte le portate di 5 volenterosi camerieri e alla fine dell’ingroppata è capace di richiedere una quantità multipla di cappuccini. Ma il meglio è per Vincent Vega…Quentin Tarantino impose a John Travolta (che non voleva risultare spregevole) quel personaggio vestito di nero alla Blues Brothers e con una ‘capigliatura improponibile’. Travolta cercò Tarantino per rifiutare la parte, ma scoprì che il regista abitava in una casa da lui abitata anni prima. Diventarono amici, le incomprensioni furono eliminate. Eppoi, cosa dire del virtuosismo danzereccio più famoso e amato nel cinema contemporaneo? Il twist fra Vince e Mia Wallace (Uma Thurman) rimette in sesto qualsiasi spirito agonizzante. Bisogna sapere cheJohn Travolta, da piccolo, aveva vinto una gara di Twist e quella scena donata dal regista si è rivelata un potentissimo talismano per altri 30 anni di carriera (strameritata). Infine due curiosità: la valigia nera di Pulp Fiction che sfinisce le canne delle pistole, cosa conteneva di tanto prezioso? ‘Pile e lampadine’, ci vien detto dopo 20 anni. E quale contenuto simbolico ha l’orologio consegnato di padre in figlio, per 4 generazioni? L’orologio (che un culo ‘ospitale’ salva dalla distruzione fisica) rappresenta il Tempo, ovvero la cosa più preziosa che abbiamo. E il cinema è il vero calendario della nostra vita.