di Raging Bull
Con Amy Adams, Christoph Waltz, Danny Huston, Krysten Ritter, Jason Schwartzman
Sapiente e raffinato lavoro quello di Tim Burton, sebbene la trama risulti a tratti lenta, ma comunque scandita da sequenze ben precise e definite. La pellicola traccia la biografia tortuosa di due soggetti che hanno un diverso approccio con la società. Margaret (interpretata dall’attrice statunitense Amy Lou Adams) è una pittrice degli anni cinquanta e sessanta dall’estro unico e profondo, ma il cui talento stenta ad affermarsi in una realtà edificata sul “carrierismo” maschile. Al contrario, suo marito Walter Keane (nel film, è l’eccellente Cristoph Waltz) è un agente immobiliare, che rappresenta il tipico “scalatore sociale”; un concupiscente inseguitore del successo, anche a costo di ricorrere all’inganno e alla sopraffazione dell’individualità umana. Margaret Kean è uno spirito talmente mite, che per bisogno di una stabilità economica accondiscende a tutte le proposte ingiuste del marito. Il ritratto che ci appare di Walter Kean, invece, è di un “venditore di sogni”: con raggiri, artifizi e una sottile abilità retorica, costruisce “un impero pubblicitario”, sfruttando le notevoli capacità artistiche della moglie e la sua rassegnata rinuncia alla paternità dell’opera. Realizzando tale monopolio, Walter firma con il suo cognome tutti i dipinti, appropriandosi dei meriti e azzerando così la singolarità di Margaret: tele “a catena di montaggio” le sue, il cui emblema sono due occhi smisurati, scarni, profondi…due lenti di ingrandimento sulla veridicità dell’esistenza.
Il film in definitiva, grazie anche a una curata fotografia, esprime il dramma e il contrasto di passioni controverse: sostanza contro forma, essenza contro falsità, aridità contro sentimento. Da una parte c’è l’arte nel suo significato nobile di espressione dell’animo umano; dall’altra, l’esternalizzazione e la volgarizzazione di essa fino al “kitch”. La visione è consigliata soprattutto a quanti rivendicano un proprio diritto o un’ingiustizia subita, perché impareranno a credere nella possibilità di una “sentenza” giusta e nella vittoria degli umili sui superbi.