Uno scroscio d’applausi e numerosi messaggi di apprezzamento hanno accolto il cortometraggio “Bella ma non ballo” del regista Michele Bia, nell’anteprima che si è tenuta al cinema Roma di Andria. Il lavoro cinematografico è stato un progetto riabilitativo organizzato dalle Comunità di disabilità psichiatrica di Spinazzola, Andria e Trani, e gestito dalla Cooperativa sociale “Questa Città”. Un’attività condivisa con il Dipartimento di Salute Mentale della Asl Bt, il cui obiettivo è stato aiutare pazienti e operatori a sviluppare la percezione del corpo e dei propri sentimenti.
“Bella ma non ballo” è una storia d’amore d’altri tempi, interamente girata in Puglia tra Minervino Murge, Spinazzola e Lago di Serra del Corvo. All’anteprima, seguiranno le proiezioni nelle città di Spinazzola e Gravina.
Com’è nata l’idea di partecipare al progetto?
Con la cooperativa “Questa Città” abbiamo già fatto un’importante esperienza nel 2006, con la realizzazione del cortometraggio “I Lavoratori”. La collaborazione è continuata con vari laboratori di teatro, tenuti dall’attore Franco Ferrante. Quest’anno mi hanno chiesto di condurre un laboratorio di cinema per gli utenti e gli operatori, mettendo insieme scrittura e recitazione. Questa è stata la caratteristica più importante del progetto: gli operatori si sono messi in gioco e hanno partecipato in maniera attiva alla sceneggiatura e alle riprese.
Da cosa ha tratto ispirazione per la storia?
In questi progetti, di solito mi presento già con una storia o quantomeno un’idea. Questa volta, invece, abbiamo preferito portare avanti un’esperienza totalmente sperimentale. Ho voluto che la storia venisse fuori dalle improvvisazioni, dalle suggestioni, cioè che fosse costruita da zero con la collaborazione dei partecipanti. E così è stato. Durante le improvvisazioni, gli ospiti della cooperativa mi hanno regalato delle cose straordinarie: personaggi belli, vivi, carnali, pieni di storie e di storia, con un linguaggio proprio, con i propri sogni, i propri desideri e anche una propria scrittura. Sono stati slanci espressivi molto importanti per me, che hanno portato al soggetto e alla sceneggiatura.
Che cos’è, dunque, “Bella ma non ballo”?
È una storia semplice, per certi aspetti violenta ma anche comica e sentimentale. Una storia dalle atmosfere anni ‘50, con un italiano del secolo scorso, quando ancora le parole gentili avevano senso. Un tuffo in un paese che non c’è più e in un linguaggio che non c’è più.
C’è un aneddoto che vuole raccontarci?
Sì, c’è un aneddoto che conferma il metodo sperimentale che abbiamo adottato. Eravamo in giro tra Spinazzola, Minervino Murge e il lago di Serra del Corvo per scegliere le location e siamo arrivati per caso in una masseria. Qui, tra gli altri animali abbiamo incontrato un asino di nome Lucillo. Dopo la mattinata trascorsa con i proprietari, nel momento in cui dovevamo andare via, Lucillo ha incominciato a piangere disperatamente. Stando alla spiegazione del proprietario, si era affezionato a noi e non voleva che andassimo via. È stato facile e suggestivo, allora, pensare di inserirlo nella nostra storia, come confidente e compagno di pianto della protagonista Carmela. Un pianto che reclama giustizia per la sua padrona.
Pochi giorni dopo l’anteprima, qual è il bilancio di quest’esperienza?
Per me è positivo. Durante l’anteprima, il messaggio del corto ha raggiunto il pubblico e questo è quello che conta. Abbiamo ricevuto tanti messaggi di apprezzamenti. È stato un grande successo.