di Pierfranco Moliterni
Un ‘evento’ vero e proprio, di quelli che si ricordano per molti anni, sta per avverarsi a Bari grazie ancora alla Fondazione-teatro Petruzzelli che ci incanterà (presumibilmente) il prossimo venerdi 3 febbraio 2017 quando, sul suo palco saliranno due pezzi da novanta della musica d’oggi: Yuri Termikanov direttore d’orchestra e Martha Argerich pianista. Tutti e due debuttano in Puglia, terra musicale tuttavia considerata oggi periferica rispetto ai grandi circuiti internazionali. Ben vengano quindi questi mostri sacri della musica colta del tempo presente, capitani di lungo corso della sua diffusione da un capo all’altro del mondo. Si pensi alla storia personale della pianista Martha Argerich, argentina di nascita (1941) cresciuta a pane e tecnica pianistica nella terra delle pampas e del tango ma votata da adolescente alla scuola di un italiano, anzi di un meridionale come il didatta-pianista crotonese Vincenzo Scaramuzza emigrato a Buenos Aires a cercar fortuna. Lei poi diventò interprete della tastiera straordinaria, originale oltre che inarrivabile anche per i tratti umani testimoniati dalla sua vita che molto hanno influenzato la parte artistica da lei consumata nello strenuo impegno per la diffusione, in ogni dove, della musica per pianoforte. Una sorta di missione che dura ancora oggi, a 76 anni suonati! Si pensi alla raggiunta maturità umana della Argerich quando, nel 2000, le fu diagnosticato un grave male incurabile superato con una forza d’animo ammirabile che l’ha portata, alla lunga, qui da noi in Europa, nella quiete naturistica della Svizzera laddove a Lugano ha tenuto per anni corsi gratuiti di interpretazione poi diventati famosi in tutto il mondo (‘progetto Argerich’).
La scelta di presentare al Petruzzelli in Concerto il n. 3 di Prokofiev seguìto dalla Sinfonia n. 5 di Shostakovic diretta dalle mani dell’altrettanto famoso musicista russo di oggi Yury Termikanov il quale, si badi bene, non usa mai la proverbiale bacchetta…, almeno per noi sa tanto di riflessione ‘spettacolare’ sulla musica del periodo stalinista. Il compositore Dmitri Shostakovich era infatti reduce da un mezzo fiasco reso pericoloso dagli ukàse del regime stalinista piombati addosso alla sua opera lirica, Lady Macbeth nel distretto di Mcensk, che venne accusata nel 1937 di essere un prodotto piccolo-borghese affatto lontano dalle esigenze di una (supposta) cultura popolare facile e di immediata comprensione. Serghej Prokofiev, per parte, sua s’era intanto appartato e salvato andando in giro per l’Europa libero da scelte imposte dal potente ministro della cultura Zdanov, e questa sua Sinfonia in re min. è dimostrazione di libertà creativa resa ancor più fulgida dai suoi personali tratti stilistici come i famosi temi ‘grotteschi’ e i ritmi indiavolati dell’Allegro fugato finale.