Recensione di Francesco Monteleone
“Ciao, caro amico. Capiti al momento giusto. Mi indichi un libro da leggere? Oppure un film d’autore?”
Saper rispondere con originalità e precisione a queste richieste è molto difficile. Il cervello inizia a mulinare, la memoria sembra difettosa e non riesce a illuminare in poco tempo opere significative da suggerire all’altra mente bisognosa. Ci vengono, come un rigurgito, titoli imbalsamati nelle antologie o nei dizionari di cinema, tipo “Il piccolo principe”, “Cent’anni di solitudine”, “Taxi Driver”, “L’attimo fuggente”, “Pulp fiction” ecc., ma dimentichiamo i capolavori letterari di David Foster Wallace o le meravigliose pellicole di Ernst Lubitsch. Allora ci rendiamo conto di non conoscere approfonditamente i gusti artistici altrui e temiamo di risultare deludenti. Tutto ciò assomiglia alla fenomenologia della barzelletta: quando vorresti raccontarne una per far bella figura non te ne ricordi nessuna. In verità per consigliare qualcosa originale bisogna saper scegliere. Per saper scegliere è necessario conoscere; per conoscere si deve studiare, assimilare, pensare. Infine, saper pensare è difficile. E queste procedure si fanno molto più complicate con la musica sinfonica. Per suggerire una registrazione memorabile, un concerto celeberrimo, quella composizione per orchestra considerata universalmente ‘un capolavoro’ bisogna esser sorretti da conoscenze culturali specialistiche. Dunque l’ultimo libro di Alessandro Romanelli “La mia discoteca ideale” del quale vi scriviamo è una delle cose più utili che ci sono capitate tra le mani negli ultimi cinque anni. Il sagace critico musicale, sapendo i limiti non confessabili del ceto medio intellettuale, ha scritto 95 schede critiche facilissime da leggere e ci fornisce, con sorprendente altruismo, tutto quel che non è lecito non sapere a proposito della storia della musica ‘classica’. In pratica, tenendo sempre aperto questo manuale, potremo recarci alla Feltrinelli e senza aver consumato la giornata a rileggere i trafiletti di Quirino Principe o i saggi di Massimo Mila, ci avvicineremo da soli agli scaffali dei compact disc, senza rischiare un acquisto da dilettanti allo sbaraglio. Ma i miracolati da Alessandro non sono solamente quelli che fanno finta di sapere, come il sottoscritto. Chi non ha avuto un’educazione familiare aristocratica o non ha frequentato diligentemente il conservatorio è molto facile che consideri la musica lirico-sinfonica come ‘pesante’, ‘insopportabile’, ‘incomprensibile’, ‘datata’ ecc. E non avendo nessun pedagogo che lo liberi dai pregiudizi, si butta nell’abbraccio mortale della televisione e delle radio commerciali. Insomma, senza troppi giri di parole, qui affermiamo che il libro di Alessandro Romanelli è un fantastico corso di recupero per mammiferi adulti, interessati a cogliere la bellezza della musica colta. Prima che finiscano le copie stampate in numero limitato è consigliabile acquistarne almeno un paio. Una per la propria biblioteca di famiglia e un’altra per offrirla in regalo alle persone che si stimano, al posto della solita bottiglia di vino d’annata, tendente all’aceto, che fra l’altro costa di più. Alessandro Romanelli è l’unico musicologo professionista in tutto il sud Italia ad essersi volontariamente cancellato dall’Ordine dei Giornalisti, senza nessuna spiegazione logica. Eppure è un eccellente divulgatore con la parola scritta e i suoi libri precedenti andrebbero ristampati. Questa volta il critico barese ci avvicina ai più grandi compositori nella loro umanità e genialità artistica, ci insegna non ciò che la musica ‘significa’, ma quali sentimenti suggerisce. Inoltre non ci tormenta con le insopportabili teorie degli estetologi e risolve tutti le parti più enigmatiche della musica con un linguaggio nutriente. Non sappiamo se il dott. Romanelli ha fatto prevalere i suoi gusti sulla completezza dell’informazione. Non importa. La ‘verità assoluta’ è una pretesa assurda quando si devono catalogare centinaia di composizioni ed esecuzioni di fama mondiale. Noi che non siamo i figli adottivi di Enrico Fubini, noi che siamo terrorizzati dall’idea di ascoltare per intero una sinfonia di Fabio Vacchi, noi affermiamo con sincera modestia che questo libro ci sembra scritto con precisione e completezza. Ma serve ancora la musica classica? Sì, tre volte sì. Gli scienziati di neuroetica hanno scoperto che ascoltando Mozart diventiamo più gentili, perché i nostri giudizi morali sono fortemente determinati dalle emozioni e un suono dolce ci influenza positivamente. Per questa ragione facciamo un giuramento conclusivo: eviteremo qualche vizio in più per accumulare qualche piccolo risparmio da destinare all’educazione musicale e aperta una pagina a caso de ‘La mia discoteca ideale’ sapremo come accrescere il nostro piacere mentale, migliorandoci.
Grazie Alessandro, non è mai troppo tardi. Il tuo manuale ci ha fornito la giusta tensione emotiva per non tralasciare mai più la musica classica come finora abbiamo fatto, disgraziatamente.