Per molti gli spot sono l’occasione per alzarsi dal divano, stiracchiarsi il corpo e bere un bicchiere d’acqua, prima di ritornare a tuffarsi nella suspense di un film. Pochissimi sadici (me compresa) si fanno servire da un parente quel rinvigorente bicchiere d’acqua, pur di non perdersi una sola pubblicità televisiva. Odiate, detestate e criticate aspramente, solo a una piccolissima fetta di telespettatori gli spot offrono un piacere inconscio e istintivo.
E ora proverò a spiegarvi perché.
Innanzitutto, la pubblicità scandisce lo scorrere del tempo sul calendario della vita e corre in aiuto dei più distratti. Ti ammicca una donna con un rasoio ultramoderno, che regala gambe lisce per quindici giorni (beata lei)? Bene, se non te ne sei accorto, sei ufficialmente entrato nella stagione estiva. Zainetti e diari scolastici ci ricordano che tra qualche settimana la pacchia è finita e si ritorna “al travaglio usato”. E quando Babbo Natale scende dal camino con un gustoso pandoro in mano è tutto un“oh madonna, devo correre a comprare i regali!”.
In secondo luogo, le pubblicità sono una sorgente di citazioni, espressioni gergali e modelli comportamentali, che plasmano intere generazioni nel bene e nel male. Per anni, noi adolescenti degli anni Novanta abbiamo pronunciato “seguro” al posto di “sicuro”. Semplicemente facevamo il verso a Pedro e Josè, i due indolenti messicani con il sombrero e un pancione enorme della pubblicità dell’Estathé.
E che tragedia quando pioveva e passeggiavamo in gruppo! C’era sempre il cretino di turno, che dinanzi a una pozzanghera urlava “il canal! I gà sugà el canal!”, ricordando la pubblicità di un deumidificatore.
Manco fossimo davvero a Venezia.
Piccolissima parentesi. Non è che gli appassionati di spot corrano sempre a gambe levate a comprare tutto quello che vedono. Anzi, può capitare che alcuni di loro non abbiano un euro nel portafoglio, vestano dal mercato e comprino da mangiare presso la Coop. Il consumismo non c’entra in questo caso, è qualcosa di più. È più o meno lo stesso piacere che provano alcuni uomini innamorati delle donne come concetto, che starebbero per ore a guardarle ondeggiare per strada come fossero un’opera d’arte, ma che nella vita praticano la castità a oltranza.
E poi, per concludere, ci sono le pubblicità che fanno sognare a occhi aperti.
Una su tutte, quella di Mon Paris, il profumo griffato Yves Saint Laurent.
Il programma televisivo s’interrompe d’improvviso e appaiono un ragazzo sexy da togliere il fiato e una donna dagli occhioni blu. Si inseguono, si baciano, fanno quasi l’amore sotto la Tour Eiffel, il tutto condito dalle note di “Love is blindness”. Ci compiacciamo come dinanzi a una commedia erotica degli anni Settanta. Poi la magia finisce e scopriamo con un pizzico di delusione che è solo la pubblicità di un profumo (ma come, tanta bellezza per un profumo?).
Ma quello sì, corriamo a comprarlo immediatamente. Non si sa mai che ci capiti di incontrare quel bel fusto della pubblicità in una stradina di Bari vecchia e che, riconoscendone la fragranza, ci insegua per portarci d’emblée a Paris.