Un trio, Vince Abbracciante (fisarmonica e tastiere), Dado Penta (basso) e Antonio Di Lorenzo (batteria), “nato suonando sul palco” nel 2000. Originariamente con il nome “I Tàngheri”, hanno girato in lungo e largo la penisola tra festival e teatri. Poi, nel 2008, la svolta artistica: il passaggio a una musica suonata con strumenti “vintage”; di qui l’idea di cambiare pelle e nome, ed ecco che nascono i “The Bumps”, dal sapore più “universale” e facilmente riconoscibile negli ambienti internazionali.
Cinque i dischi all’attivo. L’ultimo, “Al di sopra di ogni sospetto”, chiaro riferimento al maestro Ennio Morricone, segna anche la prima produzione della loro etichetta discografica, la “Bumps Records”. Sette i brani che compongono l’ultima fatica discografica: “C’era una volta il west”; “Cockeye’s Song” e “ Poverty” (tratti da “C’era una volta l’America”); “Il Clan dei Siciliani”; “Giù la testa” (meglio conosciuta come “Sean sean” dal celebre coretto); “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto”; e per finire, “Nuovo Cinema Paradiso”.
Il trio ha presentato il cd in anteprima assoluta nei giorni scorsi al Teatro Sociale di Fasano. Sul palco, un’icona della musica locale e non solo: il trombettista Vincenzo Deluci. Classe 1974, diplomatosi nel 1992 in “Tromba” sotto la guida del M° Ventrella, nel 1994 vince una borsa di studio che lo porterà a studiare con l’immenso Paolo Fresu. Nello stesso anno si diploma anche in “Musica Jazz”. Tante le collaborazioni con artisti di caratura internazionale: da Capossela a Dalla, da Gatto a Osada, da Davis a Wilson. Solo per citarne alcuni.
Abbiamo raggiunto Antonio Di Lorenzo al termine di un concerto travolgente e magico, e approfittato della sua disponibilità per saperne di più.
Scorrendo la tracklist del vostro ultimo cd si nota che la scelta è ricaduta sulla produzione di Morricone degli anni ’60 e ’70, ad eccezione di “Nuovo Cinema Paradiso”. Un semplice caso o una scelta per affinità sonore con il vostro progetto?
«Osservazione corretta. Siamo naturalmente più interessati al repertorio anni 60 e 70, proprio perché più consono alle nostre sonorità vintage: tutti e tre noi Vince Abbracciante, Dado Penta ed io siamo universalmente conosciuti anche per le nostre collezioni di strumenti vintage e li utilizziamo per costruire la musica del futuro. Non è casuale però: la produzione musicale degli anni 60 e 70 è stata seminale; è successo tutto in quegli anni, Coltrane, i Beatles, la “psichedelia” e quant’altro. La superiorità qualitativa e quantitativa rispetto a oggi è schiacciante. Per noi è naturale partire dal “quel” background musicale e culturale per sviluppare l’avanguardia musicale che a noi interessa».
Durante il vostro concerto, si è avuta l’impressione che in molti dei pezzi eseguiti ci sia stato il netto sopravvento dell’elettronica e delle improvvisazioni, lasciando sullo sfondo, ma ben percepibili, le melodie inconfondibili dei pezzi originali. Una scelta precisa? E se si in che direzione artistica?
«Il nostro gruppo è ormai attivo da quindici anni e questo disco è probabilmente il migliore da noi fatto con materiale altrui. Il repertorio di Morricone, così come didascalicamente era possibile riproporlo, non ci interessava. Un gruppo che suona da tanti anni sviluppa una sonorità e questa emerge e plasma di sé il materiale sonoro, qualunque esso sia. Abbiamo fatto un disco su Morricone, che amiamo visceralmente, ma la musica è sicuramente targata Bumps. È ovvio che l’equilibrio tra composizione originale e interpretazione di essa sia sempre molto delicato, ma volevamo scientemente spostare l’asse sulla nostra personale visione del mondo musicale e per noi l’improvvisazione è parte fondamentale della musica. L’uso dell’elettronica è voluto ma molto vintage: gli effetti che senti sono in gran parte analogici e frutto del nostro lavoro sugli strumenti d’epoca, ma ovviamente dal vivo dobbiamo far ricorso all’elettronica perché non possiamo portare con noi… tir di strumenti! Di sicuro ha influito molto il fatto che questo disco sia stato registrato interamente da noi nel nostro studio personale, e questo ci ha dato la possibilità di lavorare senza assillo ai suoni che volevamo con molta… forse troppa tranquillità! L’uscita del disco doveva essere fatta già da mesi! Siamo comunque contenti in maniera assoluta del risultato che presenta in nuce tutti gli sviluppi del nostro prossimo disco con materiale originale».
Perché la scelta di avere come guest star, Vincenzo Deluci?
«Deluci guest star?! (ride di cuore, ndr). Se glielo dico, muore dal ridere! Con i Bumps abbiamo realmente avuto vere guest star come ospiti sia nei dischi sia nei concerti: il nostro amico Marc Ribot, John Medeski, Deborah Johnson, Carlo Actis Dato e tanti altri, troppi da ricordare. Con Vincenzo Deluci è un’altra cosa: ci lega a lui quel filo indistruttibile che anni di musica e vicissitudini di vita vissuta dolci e amare hanno creato, anni di viaggi in auto in tournee e nottate agli autogrill. Quando noi suoniamo insieme, ci basta uno sguardo, un cenno, e tutto è chiaro, musicalmente e umanamente. Vincenzo Deluci si è musicalmente reinventato, raggiungendo una cifra stilistica personale e per alcuni versi più affascinante rispetto a quella che aveva prima del tragico incidente di quella notte (in cui c’ero anch’io!). Con una piccola presunzione mi permetto di dire che in questo disco rifulge al massimo il nuovo Deluci, al suo apex di potenziale espressivo, e di questo come Bumps ne siamo felici e orgogliosi».